Reddito a 980mila nullafacenti. Solo 5 su 100 cercano lavoro
Pagati per non far niente. Le peggiori previsioni sul quel che sarebbe successo col reddito di cittadinanza si stanno puntualmente verificando.
Propagandata da Di Maio come una misura per reinserire i disoccupati nel mercato del lavoro, il Rdc si sta invece rivelando come un sussidio puro e semplice, senza alcun vero meccanismo per far lavorare chi attualmente non ha una occupazione (o ne ha una in nero, in moltissimi casi, come sta scoprendo la Guardia di finanza). Dopo sette mesi dalla partenza del reddito, su 982mila percettori del benefit statale soltanto una misera percentuale, circa il 5%, ha infatti attivato un «patto per il lavoro».
Si tratta di una sorta di contratto che il beneficiario del reddito firma dopo aver definito il proprio «bilancio delle competenze» e essersi impegnato a rispettare gli obblighi previsti dalla legge, tra cui quello di accettare una proposta di lavoro congrua, la cosiddetta «fase 2» del reddito di cittadinanza. Ecco, questa procedura finora, a sette mesi dall’avvio del Rdc, l’hanno fatta soltanto 50mila beneficiari del reddito di cittadinanza, su quasi un milione. In altre parole il 95% di coloro che ogni mese ricevono il sussidio non ha neppure lontanamente iniziato l’iter per essere poi inserito nelle «liste di collocamento» dei centri per l’impiego. I quali, nel romanzo di fantascienza partorito dai Cinque Stelle (e approvato anche da Salvini), dovrebbero poi offrire ben tre posti di lavoro ad ogni disoccupato. La realtà si sta rivelando completamente diversa dai sogni grillini. Finora l’unica cosa che funziona (e neanche bene) è il pagamento del reddito, ma tutta l’architrave che doveva traghettare gli assistiti verso il lavoro, attraverso l’intermediazione dei navigator assunti dalla Pa, con aggravio di spesa pubblica, si sta rivelando un drammatico bluff.
I dati parlano chiaro. «Secondo le prime verifiche parziali, ci sono 200mila convocazioni, 70mila colloqui e 50mila Patti per il lavoro sottoscritti» spiega la coordinatrice della Commissione lavoro della Conferenza delle Regioni Cristina Grieco. Neanche 50mila, per la precisione 49.896. E questi non hanno trovato un lavoro, sono stati semplicemente schedati in vista del miraggio di un posto di lavoro. E gli altri 150mila convocati? Finora non si sono presentati nei centri per l’impiego, avevano altri impegni. Le Regioni protestano, chiedono una «data unica» per applicare le sanzioni verso chi non si presenta ai colloqui. Ma anche sul fronte dei lavori socialmente utili, previsti dalla legge istitutiva del reddito di cittadinanza come condizione per poterlo ricevere, siamo in enorme ritardo. Solo ieri il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ha firmato il decreto per attivare i Comuni sulle modalità per far svolgere ai sussidiati dei servizi alla comunità, per qualche ora alla settimana. Cosa che, finora, non stanno assolutamente facendo.
Insomma, come scrive Italia Oggi, per ora si configura come «reddito di cittadinanza a sbafo». Anche il governo è costretto a parlare di «fallimento». «Dobbiamo concentrarci sulla fase due perché i navigator non diventino il capro espiatorio di un eventuale fallimento – dice al Sole24Ore la sottosegretaria Pd al Lavoro, Francesca Puglisi – I primi beneficiari profilati dai centri per l’impiego mostrano competenze molto basse, poco più della scuola secondaria di primo grado, e una storia di disoccupazione che dura da anni». Insomma profili che difficilmente incontreranno mai le esigenze di una datore di lavoro. «Non solo. Gli operatori dei Centri per l’impiego e i navigator, da soli, difficilmente potranno gestire una ricollocazione così massiccia. Occorre intervenire, coinvolgendo meglio le agenzie per il lavoro private accreditate per favorire il più rapido inserimento». Quindi anche i navigator, sbandierati da Di Maio come una grande innovazione, sono inutili, serviranno consulenti esterni a pagamento. Nel frattempo, un milione di persone continua a ricevere l’assegno mensile, in media 482 euro al mese. Senza fare nulla e senza essere neppure candidabile ad un posto di lavoro. Il tutto per la modica cifra di 10 miliardi di euro.
il giornale.it