Quota 100, Renzi non arretra. La Boschi spara sugli ex del Pd
Sulla linea Roma-Firenze va in scena lo scontro fratricida tra il Pd e gli ex Pd del nuovo partito renziano, sulla precaria pelle del governo Conte.
E i toni si alzano a tal punto che è proprio Matteo Renzi a tentare di mettere la sordina, anche per non oscurare il successo della Leopolda numero 10, con il suo record di partecipazione. Fino al punto da far smentire Maria Elena Boschi dal fido Francesco Bonifazi.
Era stata lei, la bionda ex ministra e ora capogruppo di Italia Viva, a muovere l’attacco più duro agli ex compagni di partito, parlando in tv della manovra: «Il Pd sta diventando il partito delle tasse», è la granata tirata sul Nazareno dalla pasionaria renziana. Che descrive gli ex compagni come futuri antagonisti: «Alle elezioni politiche è normale tra partiti diversi considerarsi avversari politici. Ovviamente ora con il Pd stiamo lavorando al governo insieme e ci sono valori comuni», concede. Ma il clima si surriscalda, con i Dem che si buttano a corpo morto sulle parole della Boschi per dimostrare la tesi del Nazareno: Renzi «è inaffidabile», l’istinto del serial killer lo spinge a voler far saltare il governo del magnifico Conte, da lui medesimo fatto nascere ad agosto, mentre tutti sembravano rassegnati al voto anticipato che avrebbe consegnato il paese alla Lega salvinista. Una operazione «di pura disinformazia para-sovietica», replicano i renziani. Che hanno gioco facile ad obiettare alla velina dem: il neo-partito renziano, forte di un folto gruppo parlamentare ereditato dalla sua segreteria, è quello che rischierebbe di pagare il prezzo più alto in caso di crisi. Quindi Renzi e Italia Viva non hanno alcun interesse a far saltare il giulivo Conte: le loro critiche aspre alle nuove tasse e al mantenimento della gabella clientelare di Quota 100 sono una «battaglia di testimonianza» che serve a posizionarsi sul mercato elettorale del centro liberale. «Faremo un emendamento a Quota 100 e vedremo chi vincerà in Parlamento», rincara però in serata l’ex premier.
Ma a Palazzo Chigi e al Pd conviene additare Renzi come uomo nero, per frenarne la possibile espansione. L’ordine di scuderia renziano è chiaro: «non cadiamo nella trappola», evitando di prestare il fianco alle strumentalizzazioni dem. Dopo la scivolata della Boschi, infatti, i big del Pd sparano su Iv: «Dalla Leopolda arrivano segnali che non rassicurano», dice il vice di Zingaretti Andrea Orlando, «e vanno in direzione diversa» dal professato appoggio a Conte: «Se la fiducia al governo è venuta meno, lo si dica». E il ministro agli Affari regionali Francesco Boccia infierisce: «Mi auguro che quella della Boschi sia una scivolata infelice e che voglia essere alternativa a Salvini e Casa Pound».
Sono soprattutto gli ex renziani rimasti nel Pd ad essere scatenati contro l’«inaffidabile» ex premier: «Il Pd è il partito delle tasse? Non sembrava, quando i ministri renziani hanno approvato in Cdm la legge di Bilancio», attacca Emanuele Fiano. «Se dovete distruggere per esistere, il viaggio sul Titanic è appena cominciato». È a questo punto che Renzi decide di fermare al più presto la deriva polemica, e detta (via Bonifazi) una presa di distanza dalle parole della Boschi: «Per me il Pd non è il partito delle tasse, dire che lo è sbagliato. Allo stesso tempo però va detto con chiarezza che le tasse non devono aumentare».
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