Manovra di polizia fiscale: i grillini impongono il carcere
Lo Stato di polizia fiscale potrebbe diventare presto una triste realtà. Questa triste realtà, più volte evocata negli anni scorsi dalle misure dei governi di centrosinistra, potrebbe materializzarsi con il combinato disposto del decreto fiscale che sarà collegato alla manovra e con il ddl antievasori che sta preparando il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.
Il vessato cittadino contribuente rischia, così, di trovarsi intrappolato da una parte dall’immediata «leggibilità» delle fatture elettroniche, dalle confische dei beni, dagli agenti sotto copertura e, dall’altra, dalla galera cui rischia di essere destinato se accusato di aver frodato il Fisco.
Partiamo proprio da quest’ultima ipotesi, finora scongiurata dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che ha espunto dal collegato fiscale il disegno da Torquemada del Guardasigilli. In buona sostanza, il progetto che Bonafede ha ribadito essere «benedetto» da un accordo politico tra M5s e Pd prevede un abbassamento delle soglie di punibilità per i reati fiscali e da un inasprimento delle pene. In particolare, secondo le indiscrezioni circolate, la pena detentiva è prevista da 50mila euro per omesso versamento di ritenute, mentre la soglia di punibilità si abbasserebbe da 150mila a 100mila euro per il reato di dichiarazione infedele. Rischia da 4 fino a 8 anni di carcere chi emette fatture o altri documenti per operazioni inesistenti nei confronti di terzi allo scopo di evadere le imposte sui redditi (ora la reclusione varia da 1 anno e sei mesi a 6 anni). Non è un dettaglio perché i 4 anni sono la soglia delle misure alternative alla detenzione, dunque lo scopo della norma è imprigionare l’evasore presunto. Passerebbe da 2 a 6 anni (rispetto agli attuali 1,5 – 4 anni) il carcere per l’omessa dichiarazione. Si comprende bene perché Gualtieri, con una manovra tutta tasse da realizzare, voglia evitare di portarsi dietro anche questa misura impopolare.
Se, però, qui siamo ancora nel campo dei desiderata «hobbesiani» dei pentastellati, molto più certo è l’ulteriore rafforzamento del Grande Fratello dell’Agenzia delle Entrate (il famigerato Sistema di interscambio dati) previsto dal decreto fiscale. In particolare, è previsto che la Guardia di Finanza possa utilizzare le informazioni provenienti dalle fatture elettroniche anche per indagini su concorrenza sleale, frodi, contraffazione e anche come prova nel procedimento penale. In pratica, la fattura elettronica viene «rivestita», oltreché della natura di mezzo di contrasto all’elusione dell’Iva, anche della mission di prevenire altri tipi di crimine, diventando così una sorta di deterrente ai comportamenti disonesti. La e-fattura acquisisce, così, una finalità morale.
E di sicuro moralizzatrice è l’applicazione ella «confisca per sproporzione» agli indagati per reati fiscali. Il decreto, infatti, prevede l’estensione di questo istituto, che tanto successo ha riportato nella lotta alle mafie, anche a questo tipo di delitti. In pratica, lo Stato potrà confiscare quei beni il cui valore non è «proporzionato» al reddito dichiarato dall’indagato e/o dal condannato. L’evasore, o presunto tale, viene di fatto equiparato al mafioso.
Arriva poi l’agente sotto copertura autorizzato a giocare d’azzardo non oltre 100mila euro l’anno per contrastare il gioco minorile. Ci sarà la lotteria degli scontrini i cui premi non saranno tassati, ma i commercianti potranno pagare multe da 500 a 2mila euro se non invieranno i codici fiscali dei clienti di modo che lo Stato sappia tutto di quanto e come spendiamo.
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