Poliziotti costretti a mangiare sugli scudi: “Migranti trattati meglio di noi”
In questi giorni si fa un gran parlare di polizia, carabinieri uccisi, forze dell’ordine. I “servitori dello Stato” perdono la vita in strada, vengono aggrediti, guadagnano poco e poi incassano encomi da destra e sinistra.
Gli italiani hanno fiducia nelle divise, i politici li elogiano senza lesinare complimenti. “Eroi”. “Sempre in prima linea”. “Valorosi”. Convenevoli più o meno sentiti. Il problema è che poi nella pratica i “coraggiosi eroi servitori dello Stato” lamentano trattamenti non sempre di riguardo dalle istituzioni che difendono. Lo sanno bene i poliziotti della Squadra mobile in questi giorni impegnati in Puglia, costretti a banchettare scomodi usando il proprio scudo come mensa.
“Agenti, c’è il rancio”. Niente sedie, tavoli o sgabelli per consumarlo. Solo il clipeo di ordinanza e il mezzo di servizio come momentanea sala da pranzo. Quella pasta al pesto e salsiccia sarà stata buona, sicuramente saranno state gustose pure le patate al forno e l’insalata mista. Il problema è di “decoro”. La foto del pasto consumato a bordo del furgone (“scudato”, in gergo) sta circolando da qualche ora nelle chat interne di poliziotti e non solo. Chi la osserva s’indigna. Altri fanno notare che “gli immigrati o i carcerati sono trattati meglio di noi”. In generale c’è frustrazione. Perché elogiare pubblicamente le forze dell’ordine solo quando muoiono (come il povero maresciallo a Cagnano Varano) è facile. Più coerente sarebbe metterle sempre in condizione di “dignità” e “decenza” mentre prestano servizio.
Lo scatto, assicurano fonti informate di polizia, arriva dal cantiere del Tap in Pugliapresidiato da circa 80 uomini. All’interno dell’area ci sono container per pranzare e cenare. Ma chi effettua servizio all’esterno deve banchettare sui furgoni: chi effettua il turno fino alle una di notte attacca già dalle 15 e alle 18 va a ritirare i cestini presso un ristorante convenzionato a Lecce. Poi li porta a Melendugno e se li pappa sugli scudi. “Il personale non è sufficiente per organizzarsi in turni che permettano di allontanarsi per il pranzo – spiega Fabio Di Monte, del Fsp Polizia in Puglia – E così gli agenti non possono spostarsi e consumano il cibo in loco“.
Il presidio però è praticamente fisso e si protrae da tempo. Domanda: non era possibile organizzarsi diversamente?
“Le fanno passare come esigenze di servizio – spiega Michele Dressadore, segretario nazionale del Sap – ma in realtà spesso è solo la convenienza di chi è responsabile del cibo”. Per il sindacalista le questure “tendono a usare metodi sbrigativi”. E così gli agenti invece di sedersi comodamente a un tavolo si ritrovano a posare forchetta e coltello sullo scudo con cui si difendono dalle sassaiole. “Ho visto circolare anche altre fotografie – continua Dressadore – con poliziotti che appoggiano il piatto su tombini o colonnine elettriche”. A “dimostrazione” che “si tratta di una brutta abitudine”.
Un paio di mesi fa è stato raggiunto un accordo tra sindacati e dipartimento di Ps per dirimere la questione. “Stiamo aspettando – insiste Dressadore – ma la direttiva tarda ad arrivare”. Sul piatto ci sono “disposizioni più stringenti” per “evitare che queste spiacevoli situazioni si ripetano”. Le divise chiedono che per i pasti la prima opzione sia sempre la mensa. Se non fosse possibile, allora si potrebbe optare per un esercizio pubblico che fornisca il pranzo o la cena. E se invece occorresse per forza ricorrere al catering, che ci siano almeno delle sedie, un tavolo e magari un tendone sotto cui ripararsi. “I poliziotti fanno sacrifici enormi – dice Valter Mazzetti, Segretario Generale Fsp Polizia – gettano il cuore oltre l’ostacolo e non badando a orari, problemi, difficoltà, perché il dovere viene sempre prima e questo lavoro non si fa per comodità”. In caso di emergenza per l’ordine pubblico, ogni agente è pronto a mangiare anche per terra se necessario. Ma quando “tutto questo viene dato per scontato” o diventa “una scusa per il sistema”, allora le cose cambiano. “Se svolgiamo un turno massacrante – insiste Mezzetti – non significa che spariscano come per magia esigenze, bisogni, necessità che sono umane”.
In fondo i poliziotti non chiedono “i camerieri”. E neppure medaglie. Solo un pizzico di dignità.
il giornale.it