Naufragio a Lampedusa, la strage delle donne. E 8 bimbi sono dispersi
Sono le 2 quando da una motovedetta della Guardia di finanza scendono sul molo quattro migranti, due donne e due uomini appena soccorsi a 6 miglia da Lampedusa.
Sembra uno sbarco qualunque, uno come i tanti di questi mesi, di questi giorni, a Lampedusa. Ma questa è una notte diversa. Il maestrale soffia forte, il mare si è ingrossato, la temperatura è scesa. Ne stanno arrivando altri, la voce comincia a girare sulla banchina dalle prime sommarie informazioni dei soccorritori. Ne stanno arrivando altri 18, riusciamo a capire, con una motovedetta della Guardia costiera. Sono 22 in tutto, tunisini e subsahariani, erano a bordo di un barchino partito dalla Tunisia e arrivato a poca distanza dall’isola. Sembra uno sbarco qualunque, solo più complicato per il meteo in peggioramento. Continua a sembrarci così, ancora, per un’ora. Fino a quando alle 3 vediamo arrivare gli altri 18 sulla motovedetta della Guardia costiera. Non è uno sbarco come gli altri e loro non sono come i tanti migranti già soccorsi. Sono i superstiti di un naufragio che conta 13 morti e 15 dispersi.
I migranti accompagnati sul molo Favaloro sono stremati, sofferenti, i volti terrorizzati, sotto choc. Tre persone restano terra, sembrano prive di sensi, vengono caricate sulle barelle. Una donna viene portata in elisoccorso all’ospedale di Palermo in gravissime condizioni. Non è uno sbarco qualunque. Su quel barchino – stando alle testimonianze di chi si è salvato – erano in 50. Alla vista della Guardia costiera si è ribaltato per il peso dei migranti che si sono sporti sullo stesso lato in cerca di aiuto. I soccorsi di Guardia costiera e Guardia di finanza, andranno avanti tutta la notte. All’alba, è tragedia. Su quel barchino erano sì in 50, stando a quanto riferito dai 22 sopravvissuti. Gli altri, più di 30, tra cui 8 bambini e un neonato di otto mesi, sono dispersi. Le ricerche continuano senza sosta. Con il passare delle ore i dispersi diventano morti. Al molo arrivano i feretri vuoti.
I primi corpi senza vita ritrovati sono quelli di 13 donne tutte provenienti dall’Africa subsahariana. Tra le vittime anche una bambina di 12 anni e una ragazza incinta. Sul posto arriva anche il procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella: è stata aperta una inchiesta contro ignoti per naufragio e omicidio colposo plurimo, poi le accuse si sono trasformate in favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte per conseguenza di altro reato. «La situazione è fluida – spiega il procuratore capo Luigi Patronaggio – si sta cercando di vedere se è ancora vivo uno degli scafisti. Le salme delle persone senza vita sono state portate nelle bare nel vicino Santuario per le procedure di riconoscimento da parte di familiari e sopravvissuti.
Il sindaco Totò Martello è stato tra i primi ad arrivare. «Verso le 3 il comandante della capitaneria di porto mi ha riferito la presenza di due corpi senza vita di migranti e di un’imbarcazione capovolta. Sono andato di presenza per capire come poter intervenire. Non c’è restato altro da fare che far aprire le pompe funebri. Ho preso due bare e le ho portate al molo Favaloro. Poi con un furgone ci siamo diretti alla camera mortuaria. Erano solo le 4. Per tutta la mattina non abbiamo fatto altro che contare altri morti. Lo stato d’animo dei miei concittadini? Quello di chi guarda 13 corpi chiusi in un sacco, immobili senza poter parlare».
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