Pd, sfida tra Renzi e Calenda per creare la gamba centrista
La data delle elezioni non c’è, la coalizione con cui presentarsi neppure. Ma un (primo) candidato premier pronto a scendere in campo il Pd lo ha.
Il sindaco di Milano Beppe Sala, senza false modestie, ammette di essere l’uomo giusto al posto giusto, se si precipitasse verso il voto anticipato: «La politica oggi cambia così velocemente che oggi potrei dire che posso essere la persona più adatta affinché il centrosinistra vinca, tra un anno vediamo, perché gli scenari mutano con gran velocità». È stato lo stesso segretario Nicola Zingaretti a far trapelare che Sala, forte del buon governo di Milano, apprezzato trasversalmente, e dei risultati lusinghieri del voto europeo in città (il Pd è il partito più votato sotto il Duomo) potrebbe essere la scelta vincente. I maligni dicono che Zingaretti spenda il nome del sindaco per «dribblare Gentiloni», l’ex premier che per molti resta la carta migliore da giocare alle prossime elezioni.
Il medesimo Gentiloni che, secondo le voci interne, avrebbe ispirato l’operazione Calenda, ossia al lancio di una «gamba centrista» da affiancare al Pd per recuperare il voto di quei moderati che oggi si sentono orfani di rappresentanza. «Siamo Europei può diventare un partito. Io sono iscritto al Pd, lavoro con Zingaretti. Il mio movimento dovrebbe rimanere quello che è: il collante di un mondo più ampio della sinistra. Ma se serve sono pronto a trasformarlo in un soggetto politico», ha spiegato ieri a Repubblica l’ex ministro, che ha sbancato le preferenze nel Nord Est trainando la lista dem al suo miglior risultato.
È sembrato il preannuncio di una sorta di «scissione concordata», con la benedizione del Nazareno zingarettiano. Una accelerazione improvvisa, fatta – si spiega – per tagliare la strada ad una eventuale operazione nello stesso senso, pilotata però da Matteo Renzi. Martedì l’ex leader del Pd ha convocato una prima assemblea nazionale dei «comitati» e chiamato a raccolta i sindaci «della Leopolda», indicandoli come gli unici veri vincitori della tornata elettorale: a molti è suonato come il preannuncio della creazione di un nuovo contenitore politico.
A stretto giro di posta è arrivata quindi l’intervista di Calenda, che si intesta il disegno e sottolinea «l’utilità di avere una forza di centro, liberaldemocratica. Sarebbe molto importante costruirla e se nascesse darei sicuramente una mano». Le due potenziali «gambe moderate» del Pd, quella calendian-gentiloniana e quella renziana, non sono ancora nate ma già si scalciano a vicenda. Nel Pd però l’intervista di Calenda suscita polemiche («Ieri era il capolista Pd e ora annuncia un nuovo partito?»), così l’ex ministro e Zingaretti fanno sapere di essersi parlati e di andare d’amore e d’accordo: «Rimango nel Pd, e solo se me lo chiedesse Zingaretti in vista di un’alleanza elettorale potrei dare una mano a costruire la gamba lib-dem», rassicura Calenda. «Andiamo avanti uniti», dice il segretario. Che per oggi ha convocato una Direzione che analizzerà il risultato delle Europee: una convocazione improvvisa che ha irritato la minoranza renziana: «L’hanno fatto per evitare contestazioni alla loro lettura trionfalistica del voto», denunciano. Tanto più, aggiungono, che con i ballottaggi ancora aperti nessuno si può permettere di aprire un fronte polemico nel partito. Tanto che la componente Giachetti sta discutendo se disertare l’appuntamento per protesta.
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