Prima gli svizzeri. Quando gli immigrati eravamo noi
Un libro ricorda il primo referendum elvetico per cacciare gli italiani. Era il giugno del 1970. E un politico adottรฒ lo slogan che oggi, rivisto e corretto, va cosรฌ di moda
ZURIGO. Quando i migranti eravamo noi vivevamo nelle baracche. Luciano Alban, arrivato da Montebelluna nel 1968, se le ricorda bene: ยซBaracche come ne ho viste poi solo a Dachau. Ci stavano gli stagionali, quelli che potevano restare solo nove mesi e non avevano il permesso di affittare una casa. E anche gli operai in difficoltร , quelli che invece nelle campagne stavano dai contadiniยป. Baracche coi letti a castello, un cesso per cinquanta persone, il lavatoio in comune, fornelletti per cucinare, fili stesi per i panni. Ai margini delle cittร , vicino ai cantieri, lontano dai quartieri borghesi. Quando i migranti eravamo noi, cโera qualcuno che voleva cacciarci via, perchรฉ โprima gli svizzeriโ. Ci fu un referendum nel 1970, lanciato da James Schwarzenbach, strana figura di intellettuale-scrittore-editore, aria da gentleman con gli occhialini dโoro, figlio di industriali proprietari della piรน grossa fabbrica tessile del mondo, allora.
Ci siamo abbastanza dimenticati di quando i migranti eravamo noi, quella memoria lรฌ lโabbiamo cancellata. Eppure dal 1860 a oggi piรน di 30 milioni di italiani sono emigrati. Dal 1946 al 1968 in Svizzera ne arrivano due milioni. Prima i lombardi, poi i veneti e i friulani, e dai primi Sessanta lโondata dal Sud. A metร dei Sessanta vivono in Svizzera 500 mila italiani. Sono arrivati coi treni stracarichi, con le valigie legate con lo spago, parlano quasi solo dialetto e spesso sono analfabeti. Nel film Pane e cioccolata con Nino Manfredi si vede un gruppo di clandestini che vive in un pollaio: รจ successo anche questo, nessuna esagerazione. Gli italiani sono venuti a fare i lavori pesanti, quelli che gli svizzeri non vogliono piรน fare. Lo stesso governo italiano, che nel 1948 ha siglato un accordo bilaterale con la Confederazione sul reclutamento di operai, li ha spinti verso il confine. Perchรฉ se ne andassero dallโItalia, che scoppiava di disoccupati. Alcide De Gasperi, nel 1949, invitรฒ i meridionali a ยซpartire verso le strade del mondoยป.
Sarebbe il caso di ricordare quegli anni della nostra emigrazione perchรฉ sono anche gli anni in cui la xenofobia costruisce il suo castello di cosiddetti โvaloriโ e la sua politica, con accenti e parole dโordine che oggi ci suonano familiari. A questo serve un libro in uscita da Feltrinelli, intitolato Cacciateli!, scritto dal giornalista di Repubblica Concetto Vecchio. Lโautore sa di che cosa parla, e infatti il libro รจ qualcosa a metร fra il reportage e il romanzo familiare: in Svizzera, non lontano da Zurigo, ci รจ nato nel 1970, lโanno del referendum. Figlio di emigrati siciliani, da Linguaglossa provincia di Catania. In Svizzera ha vissuto fino ai 14 anni, รจ andato a scuola dove la maestra lo chiamava โKonzettoโ e lui avrebbe preferito chiamarsi Roland o Markus. Da bambino, se faceva baccano in strada, la mamma lo zittiva: ยซNon facciamoci riconoscere dagli svizzerazzi, sennรฒ arriva Schwarzenbach!ยป. A un certo punto gli รจ presa la curiositร di andare a scoprire chi fosse quel tale, quel babau.
Un pioniere, quello Schwarzenbach: il suo del 1970 fu il primo referendum europeo per dare una stretta allโimmigrazione. Se avesse vinto, in 300 mila italiani avrebbero dovuto fare le valigie. Luciano Alban oggi ricorda che dove lavorava lui, azienda che costruiva centrali idroelettriche, glielo dicevano in faccia: ยซSe passa, te ne vaiยป, anche se i capi erano tutti per votare no. Non che la xenofobia fosse una novitร , in Svizzera. ยซNel 1896ยป racconta Franco Narducci, presidente del Corriere degli Italiani, ยซci fu qui a Zurigo un pogrom contro gli italiani, scatenato da un pretesto. Bastonature per strada, negozi bruciati. Chiuso il cantiere del Gottardo erano arrivati gli operai italiani, accusati di lavorare sotto costo, di rubare il lavoro agli svizzeriยป. E nemmeno รจ tramontata la xenofobia, dopo la sconfitta del 1970. Altri referendum ci sono stati, tutti persi. Altre forze politiche hanno urlato โPrima gli svizzeriโ, e ancora adesso valgono un 25 per cento.
Ma Schwarzenbach fu il primo, e fece quasi da solo. Unico parlamentare del partitino Nationale Aktion, tenuto a distanza da socialisti e democristiani, contrastato dagli imprenditori che temevano di perdere forza lavoro. Perse per soli 100 mila voti, il 46 per cento contro il 54, e venne votato nei quartieri popolari, dove gli svizzeri vivevano gomito a gomito con gli italiani. E non li amavano, li disprezzavano, li temevano. Tschingg era lโinsulto per gli italiani: veniva dal โcinqueโ spesso urlato nel gioco della morra. La morra era addirittura vietata in certi posti: Mora Verboten si leggeva sui cartelli. E li spiavano, pronti a denunciare sospetti attivisti del Pci, o bambini clandestini. In quegli anni Sessanta cโerano bambini nascosti, illegali, tappati in casa senza poter fare rumore nรฉ guardare dalla finestra, per paura che un vicino facesse la spia. E cโerano bambini costretti a stare in collegio nel Comasco e nel Varesotto.