Genova, l’altolà dei portuali: “Non carichiamo le armi per la guerra in Yemen”
“Su questa nave volete caricare le armi per la guerra in Yemen e a noi non ci sta bene”.
Con queste parole i camalli e i portuali del porto di Genova si sono di fatto rifiutati di portare nella stiva della “Bahri Yambu” – in arrivo dalla Francia e bettente la bandiera dell’Arabia Saudita – il materiale bellico da traghettare fino all’Etiopia.
Al suo arrivo nel porto, la nave è stata accolta da un sit-in di protesta degli operatori portuali genovesi, che hanno bloccato tutte le operazioni di carico-scarico.
Le firme sindacali Filt-Cgil, come ricordato dal Messaggero, hanno proclamato lo sciopero dei cento lavoratori dello scalo con la seguente motivazione: “Il materiale è borderline tra civile e militare e i lavoratori del porto di Genova non intendono imbarcare armi”. Le armi, infatti, sono destinate all’Arabia Saudita, che le userebbe per la guerra civile in corso nello stato confinante dello Yemen.
Una situazione intricata e delicatissima che ha reso necessario l’intervento della prefettura, che ha deciso per il trasferimento delle casse in questione all’interno di un’area di sicurezza all’interno del porto, in attesa di decidere il da farsi.
Nel mentre la Cgil va all’attacco a livello politico: “I porti vanno aperti alle persone, non ai traffici di armi destinate a bombardamenti di civili, già oggetto di risoluzioni del Parlamento Europeo che esorta ad astenersi dal fornire armi e attrezzature militari all’ Arabia Saudita”. Anche l’ex senatore del Movimento 5 Stelle Gregorio De Falco (nonché ex comandante della guardia costiera di Livorno) si è espresso polemicamente sulla questione, tirando le orecchie al ministro dell’Interno: “Salvini diffida le navi che salvano la vita e accoglie la Bahri Yanbu che trasporta armi per la guerra contro i civili in Yemen. Se alimenti le guerre, alimenti i flussi migratori. Twitta qualcosa ora, Matteo!”.
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