Sondaggio, nel Pd non esiste l’effetto-Zingaretti: mese drammatico, di quanto risale il M5s

Parlavano di “effetto Zingaretti”. Tutti entusiasti. Eccolo: il Pd cresce dello 0,5% rispetto a febbraio. Appena lo 0,3 in più rispetto alle elezioni politiche dell’ anno scorso. Poca roba. Il presidente della Regione Lazio punta a ricompattare la sinistra cercando di riportare a casa quell’ elettorato tradizionale che l’ ultima volta, per sfregio, ha messo la croce sul simbolo del M5S. I sondaggi, soprattutto l’ ultimo pubblicato dal Corriere, dimostrano che non è una operazione facile, nonostante i grillini siano in difficoltà. Il divario tra i partiti aumenta. A febbraio il Pd inseguiva a meno di tre punti, ora sono diventati 4,3.

Il primo test per la segreteria Zingaretti saranno le Europee. Si lavora alle candidature. L’ operazione ambiziosa è quella di riportare a casa gli scissionisti di Articolo 1-Mdp. Presentarsi alle elezioni di maggio con un unico listone di tutti i movimenti che a Bruxelles aderiscono alla famiglia dei socialisti.

Ma i renziani sono contrari e gli stessi bersaniani restano prudenti. Quanto alle candidature vengono dati per sicuri i capilista Giuliano Pisapia nel Nord Ovest e Carlo Calenda nel Nord Est, rimane l’ incognita della circoscrizione Centro, con Simona Bonafè in vantaggio su David Sassoli. Al Sud Zingaretti vuole puntare su nomi della società civile e intellettuali impegnati nella lotta contro le mafie.

Il vero problema è il dialogo con Mdp. Ipotesi sulla quale ha aperto anche Carlo Calenda: «Io penso che sia un errore candidare qualcuno di Mdp nelle lista Pd-Siamo Europei. Ma, se così deve essere, almeno vanno riconosciuti i valori e sottoscritto il manifesto, che è un programma condiviso, e dichiarato con chiarezza che non si persegue un’ alleanza con M5S», ha spiegato l’ ex ministro.

Si attendeva l’ intervento di Roberto Speranza all’ assemblea di Bologna per misurare la distanza tra Articolo 1 e Pd. Al momento le strada che porta a una lista unitaria è in salita. Speranza dice di lavorare nel solco delle richieste del candidato socialista alla presidenza della Commissione, Frans Timmermans, il quale ha predicato unità agli affiliati italiani. Però, ha aggiunto, resta «una diversa visione del socialismo europeo» a dividere gli ex compagni di partito. A pesare c’ è anche la fuga in avanti compiuta da Zingaretti e Calenda, con la presentazione del simbolo della lista. Nessuna novità grafica di rilievo. Resta il simbolo del Pd con l’ aggiunta della dicitura “Siamo Europei” e il richiamo in piccolo alla famiglia socialista. Messa così per i bersaniani è indigeribile. Sarebbe un rimangiarsi tutto.

Speranza chiarisce che «non ci sarà alcun ritorno» nel Pd. Eventualità vista con fastidio nel Pd dall’ ala renziana che non vuole avere a che fare con i “fuoriusciti”. A Zingaretti e Calenda, Speranza dice che «non basta dire “Siamo Europei”. Noi siamo per una nuova Europa che rimetta al centro il lavoro, l’ inclusione sociale, l’ economia circolare. La famiglia socialista deve intestarsi questa svolta». Non una chiusura, ma quasi. E mancare la riunione tra gli ex sarebbe il primo fallimento della nuova gestione.

di Salvatore Dama

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