Ius soli, l’attuale legge tutela già i minorenni figli di stranieri
A distanza di più di una settimana dall’attentato fallito operato dal senegalese Ousseynou Sy sul bus dirottato verso Linate, tiene ancora banco la controversia sullo Ius Soli.
Un dibattito, quello inerente il diritto di cittadinanza da accordare già dalla nascita ad un figlio di una coppia di migranti, che viene improvvisamente rilanciato dopo la scoperta che l’autore della telefonata che avverte i Carabinieri del dirottamento in corso, il dodicenne Ramy, è figlio di egiziani.
Da lì il discorso si sposta repentinamente sulla necessità di concedere al ragazzino eroe la cittadinanza italiana. Non si parla più, nel giro di pochi giorni dall’attentato, di sicurezza e di falle in un sistema che portano un autista con precedenti per ubriachezza a guidare un bus che trasporta ragazzini in piscina. Né tanto meno si parla della base ideologica usata dal senegalese dirottatore per rivendicare questa azione, compiuta secondo Sy con il pensiero rivolto “ai bambini africani morti in mare”.
Si parla unicamente di cittadinanza da concedere al piccolo Ramy e, da lì, il passo verso lo Ius Soli pur se forzato appare breve. In tanti infatti puntano il dito contro la mancanza di una normativa interna all’ordinamento italiano che riconosca l’istituto dello Ius Soli.
E, come già detto nei giorni scorsi, i toni assunti dal dibattito scatenatosi sui media nazionali appaiono a tratti quasi isterici. C’è chi accusa l’Italia di essere un paese razzista e di non riconoscere diritti considerati civili e basilari, ma c’è pure chi si spinge oltre, come l’ex presidente della corte costituzionale, Valerio Onida: “Le motivazioni espresse da chi è contrario allo Ius Soli mi ricordano quelle con cui il fascismo introdusse le leggi raziali”, afferma Onida in un’intervista a La Stampa.
Un aspro dibattito in cui, da sinistra come a destra, nessuno sfugge alla tentazione di “esibire” il piccolo Ramy che, suo malgrado probabilmente, diventa protagonista di una vicenda politica intricata che chiama a raccolta chi già nella scorsa legislatura prova a far passare lo Ius Soli.
Ma il cortocircuito intellettuale è dietro l’angolo: chi in questi giorni sfrutta il caso mediatico del fallito attentato sull’autostrada per Linate, non manca di sottolineare “arretratezze politiche e giuridiche” del nostro paese sul tema dei diritti civili. Il messaggio che si cerca di far arrivare è che in Italia esistano cittadini di Serie A e di Serie B e che, nei fatti, l’ordinamento per come strutturato appare discriminatorio.
In realtà tutto questo, alla prova dei fatti, è palesemente falso. Come già scritto in altre occasioni, in primo luogo l’Italia è il paese europeo che concede ogni anno più diritti di cittadinanza, più di trecentomila negli ultimi due anni. In secondo luogo una legge che regola la concessione della cittadinanza già c’è ed appare ben chiara secondo criteri non discriminatori e, soprattutto, ben in sintonia con i dettami fondamentali della nostra costituzione. Lo Ius Soli andrebbe ad intervenire, all’interno di questa legge, soltanto nei casi analoghi a quelli di Ramy, ossia quando c’è da concedere la cittadinanza al figlio di una coppia di migranti regolari. Attualmente si acquista automaticamente se uno dei due genitori è italiano oppure secondo altri criteri che valgono per l’età adulta: essere sposati con italiani ed essere residenti regolarmente nel nostro paese per dieci anni.
La legge attuale per i casi come quelli di Ramy, porta invece i cittadini ad avere la cittadinanza al compimento della maggiore età. Ma prima di allora tutti i minorenni in questione hanno già medesimi diritti spettanti ai ragazzini italiani, sanità ed istruzione in primis. Anche se non italiano, il figlio di una coppia di migranti deve iscriversi a scuola, deve avere diritto a prestazioni sanitarie e così via. Poi con l’arrivo dei 18 anni diventa ufficialmente cittadino italiano, acquistando diritti che anche i neo maggiorenni italiani hanno soltanto con il compimento della maggiore età.
Dunque non solo non si evince alcuna discriminazione, ma non emerge anche alcuna urgenza di mettere in calendario una norma sullo Ius Soli. Anche perché la maggioranza degli italiani non è favorevole ed a dimostrarlo è il ritiro di un apposito disegno di legge presentato alle Camere dal governo Gentiloni, ma mai calendarizzato nella scorsa legislatura per il timore del Pd di un definitivo tracollo elettorale.