Il Pd diviso sulle alleanze e sul simbolo: Zingaretti non convince gli ultrà renziani
Roma – È la prova d’appello. L’ultima disponibile. Il 26 maggio il Partito democratico non può sbagliare.
Nicola Zingaretti, alla sua prima direzione da segretario, lancia la campagna elettorale per le Europee di fine maggio proprio ripartendo dall’orgoglio europeista. La dicitura «Siamo europei» dovrebbe entrare nel simbolo elettorale. E, nonostante questo, il simbolo non dovrebbe divenire un contenitore ecumenico di sigle. Rimangono quindi fuori, per il momento, dal logo elettorale altri soggetti della galassia del centrosinistra con i cui vertici lo stesso Zingaretti aveva avuto degli abboccamenti già prima delle primarie. Nonostante l’auspicio dello stesso candidato a presidente della Commissione per i socialdemocratici, Frans Timmermans, gli accordi non si sono stretti. Il confronto con Federico Pizzarotti (Italia in comune), con Emma Bonino e Benedetto della Vedova (+Europa) non ha prodotto risultati precisi. E ancor meno con i fuoriusciti di Articolo 1, coi quali però il nuovo segretario potrebbe stringere un rapporto più stretto offrendo a Bersani e Speranza la possibilità di indicare nomi prestigiosi della società civile da inserire nelle liste elettorali. Salvo sorprese dell’ultima ora, dovrebbero essere confermati come capilista David Sassoli (europarlamentare uscente) al Centro Italia, Giuliano Pisapia al Nordovest e Carlo Calenda nel Nordest.
Alla fine della direzione, la mozione del presidente è passata col via libera del gruppo di Martina e di quello facente riferimento a Lotti e Guerini. Solo l’area Giachetti si è astenuta. Pur con i previsti distinguo dei renziani di stretta e di meno stretta osservanza. A convincere i più riottosi non è stata l’idea, ancora vaga, di alleanza possibili per le Europee, bensì l’idea che sul terreno delle amministrative si possa essere più pragmatici con alleanze stringenti visto che, come ricordava lo stesso sindaco di Firenze Dario Nardella, anche in grandi Comuni come il capoluogo toscano si governa insieme al movimento di Speranza. Insomma la Direzione consegna a Zingaretti un mandato pieno per contrattare il più ampio spettro di alleanze possibili. Visto che appunto si correrà non soltanto per le Europee ma anche per un importante numero di Comuni (più di 3.800) tra cui alcuni capoluoghi come Firenze, Perugia Campobasso, Bari e Potenza. Oltre al rinnovo del Consiglio regionale piemontese. Ora, spiega lo stesso segretario Zingaretti, è necessario uno sforzo di tutto il gruppo dirigente. L’idea è quella di mettere in agenda non soltanto una massiccia campagna di tesseramento (dal 5 al 7 aprile) ma anche una grande assemblea cui invitare tutti i candidati a sindaco. «Mettiamo in calendario – propone – un confronto con i sindacati, con le associazioni datoriali e con i protagonisti del terzo settore, associazionismo e volontariato».
Insomma sul piano nazionale il Partito democratico si pone come obiettivo principale di sfidare il governo sui temi sociali per metterne in luce le sue contraddizioni più vistose, mentre sul piano europeo il partito di Zingaretti vuole muoversi ad ampio raggio in un campo riformista teso a fronteggiare populismi e sovranismi di ogni sorta.
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