La sinistra attacca Salvini ma non il comizio tv di Renzi

Roma La televisione emetteva i primi vagiti; si andava di colla e affissioni (spesso illegali), i comizi erano nel loro massimo fulgore, così come l’auto in giro con altoparlante.

L’era del vot’Antonio, insomma, reso immortale da Totò. La legge che istituisce il silenzio elettorale è di quegli anni, 4 aprile 1956 (n. 212, con parziali modifiche nel ’75 e ’85). Con la Rete si prendevano i pesci, i cellulari non erano neppure nei film di fantascienza e i «social» s’apparecchiavano al bar, tra litri di vino e partite a tressette.

Una sessantina d’anni dopo, un’era geologica dopo, qualche politico si diverte a infrangere quella che appare una norma più che desueta, considerando che la sua ratio era «lasciare che il cittadino potesse riflettere» senza essere «assillato dalla propaganda elettorale fin sulla soglia del seggio». Certo, che lo faccia proprio il ministro dell’Interno non si può definire il massimo del bon ton, ma per Matteo Salvini ormai pare essere diventato un giochino per il quale si può solo notare che, dal suo pulpito privilegiato, potrebbe ben provvedere all’adeguamento della norma. Ma siccome se ne guarda bene, a ogni turno elettorale si ripropone la polemica. Così ieri il titolare del Viminale ha cominciato la sua giornata su Twitter pensando ai sardi: «Se pensate anche voi che sia una buona idea ripopolare la Sardegna con gli immigrati (!), come vorrebbe un assessore del Pd, oggi votate loro. Per tutti gli altri (urne aperte oggi fino alle 22) c’è solo il voto alla Lega! #oggivotoLega». Quindi è andato avanti come un treno, a beneficio dei cronisti: «Oggi vinciamo in Sardegna, ne sono strasicuro. A livello nazionale non cambia niente andiamo avanti per 5 anni». E ancora, scherzando in un gazebo della Lega a Recco: «Mi hanno detto che c’è un gazebo del Pd qui vicino e sono da soli. Andate a portargli un po’ di conforto, una carezza…».

Forse un po’ troppo, come rilevava l’azzurra Polverini, visto che «nel giorno del silenzio elettorale Salvini fa sapere pure che fare le rapine è un mestiere pericoloso e che non ci saranno né manovra correttiva né patrimoniale». Ma anche Matteo Renzi, a urne aperte, non è stato da meno: in tv, ospite di Massimo Giletti a «Non è l’Arena», ha fatto liberamente un comizio, dall’inchiesta sui genitori alle primarie Pd passando per la manovra economica.

Tornando a Salvini, coro di proteste, da Leu al Pd. Maurizio Martina e l’ex premier Enrico Letta hanno definito «indegno» e «una vergogna» il comportamento del ministro dell’Interno. Giudizio finale demandato al grande penalista Flick che, pur ritenendo valido il principio sancito dalla legge, ne certificava il mancato adeguamento e la non applicabilità delle sanzioni per i messaggi lanciati sui social che, «quando la legge fu emanata, non esistevano».

il giornale.it

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