Abbiamo i migliori limoni del mondo,ma li importiamo dal Cile facendo fallire le aziende Italiane…
Limoni a 3€al chilo dal Cile e aziende siciliane che ne producono i migliori del mondo in fallimento.Questo grazie all’UE e al consenso politico italiano.
Sembra un paradosso, ma è così. I limoni li abbiamo in Italia, ma preferiamo farli arrivare da altri Paesi. La crescita, in questo senso è esponenziale.
“La realtà dei fatti – commenta Coldiretti – è che, dati alla mano, oltre il 25 per cento dei limoni consumati in Italia è di importazione. Se nel 1995 l’Italia importava 17,8 milioni di chilogrammi di limoni, oggi le importazioni sono arrivate a superare i 103 milioni di chilogrammi. La produzione nazionale, nello stesso periodo, da poco meno di 700 milioni di chilogrammi è crollata a poco più di 300 milioni di chilogrammi, sotto i colpi di prezzi troppo bassi e delle importazioni“, conclude Coldiretti.
E le aziende siciliane, dove in Italia ci sono i limoni, muoiono:
Fra il 2000 e il 2010 ha chiuso i battenti più del 40% delle aziende agricole in Sicilia, che produce l’85% dei limoni italiani. La “riviera dei Limoni”, che attraversa Aci Castello, Acitrezza, Giarre e Roccalumera non fa eccezione: dai 6mila ettari e 135mila tonnellate del 2009 ai 5mila ettari e 120 mila tonnellate del 2011. La ragione non è soltanto la concorrenza estera, ma soprattutto l’incapacità degli imprenditori isolani di reagire al cambiamento.
Come riporta la Repubblica di Palermo: “Limoni a 7 centesimi al chilo, i produttori li lasciano sugli alberi. Settanta chilometri di distese di limoneti disegnano la costa tra Catania e Messina. Hanno creato nell’immaginario collettivo l’iconografia della Sicilia, ma tra pochi anni di quegli alberi potrebbe non restare traccia. Ai contadini che producono nel tratto di terra che attraversa Aci Castello, Acitrezza e Giarre, fino a Roccalumera, non conviene più coltivare i limoni, perché i costi per produrli sono arrivati a superare i ricavi della vendita: sette centesimi per un chilo, contro i tredici che costa raccoglierli. E così migliaia di tonnellate di frutti rimangono a marcire sui rami. E si preferisce rincarare e guadagnare su quelli stranieri che importiamo a basso costo.”
Ma ciò che ha messo maggiormente in crisi il mercato agricolo siciliano «è stata l’apertura delle frontiere dell’Unione Europea con tutti gli altri Paesi, che ha creato una liberalizzazione degli scambi troppo veloce rispetto ad un mondo agricolo impreparato a questi eventi».