Immigrata ivoriana regolare: “L’accoglienza è un business. I migranti vengono in Italia per farsi mantenere” (Video)
Per ogni persona che affoga in mare ce ne sono 4-5 che muoiono ancora prima di arrivare sulla costa libica, attirate dalla visione che hanno dell’Europa”. Italiana di origini ivoraine, Christine Mariam Scandroglio si ferma in piazza Municipio, dà le spalle all’ingresso del Comune di Napoli e parla di immigrazione. Ancor prima di essere simbolico (“spero un giorno di poter entrare per parlare con il sindaco, finora non ci sono riuscita…”), il suo è soprattutto un atteggiamento di merito.
Intercettata lunedì 28 gennaio da Mario Maggio, consigliere di Fratelli d’Italia nella IV Municipalità e volto noto in città per le sue battaglie di prima linea – ed in diretta facebook – contro le degenerazioni riconducibili alla massiccia presenza di stranieri nei quartieri e per le vie del centro storico e della stazione centrale, Christine Mariam Scandroglio precisa che interviene in qualità di confederale UGL sulle politiche dell’immigrazione. Dice: “A Napoli c’è una invasione di emigranti africani. Fenomeno che nessuno meglio di noi africani conosce”. Dosa e scandisce le parole, attribuendo ad alcune significato superiore: “Bisogna distinguere: da una parte ci sono gli emigrati africani che arrivano in maniera regolare, attraverso le ambasciate, con visto turistico, per motivi di studio o attraverso la Chiesa ed i canali umanitari perché effettivamente perseguitati. Poi ci sono clandestini e richiedenti asilo. Questi ultimi giungono qui ingolositi dall’opportunità di guadagnare la diaria di due euro al giorno nei centri di accoglienza che permette loro di mandare a casa 35-40 euro al mese. In Africa bastano tre euro al mese per far mangiare una persona. Per ottenere questa forma di assistenzialismo sono disposti anche a rischiare la vita.
Mi indigna la narrazione sbagliata che qui si fa dell’Africa per creare le condizioni per lo sviluppo del business dell’accoglienza. Chi ad esso è contrario non è razzista. Anzi, mi fa specie la strumentalizzazione al contrario”. La proposta: “Occorre cooperazione, non assistenzialismo. Non capisco perché non si parli con le Ambasciate, con i Consolati, con i Governi di quegli Stati e con l’Unione Africana al fine di realizzare spot espliciti, ad esempio, circa la situazione che queste persone troverebbero in Libia se affrontassero una traversata che è sempre sinonimo di strage”.