Castelnuovo: la coop gestita dal Vaticano ha incassato 60 milioni di euro
E’ chiuso il famigerato centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto
C’erano 120 servitori (compresi psicologi!) per poco più di 500 presunti profughi, molti dei quali senza alcun diritto:
La cosa interessante è che a gestire il centro è – o meglio era – la coop cattolica Auxilium, quella già intervenuta nell’affaire Diciotti. Che otteneva da questo appalto il 10 per cento del proprio fatturato: 6 milioni su 60 milioni di euro. Non solo. La stessa Auxilium finanzia anche il giornale dei vescovi Avvenire.
Quindi, ricapitolando: i vescovi predicano ‘accoglienza’ dalle pagine di Avvenire, la coop dei vescovi fa i soldi con l’accoglienza e poi ne gira una parte ad Avvenire. Come si chiama questo? Non certo carità cristiana. E questa Auxilium fa affari ovunque, non solo con il centro ormai chiuso, e finito nell’inchiesta di Mafia Capitale.Ma anche a Genova, sempre su mandato dei vescovi.
Ed è solo una delle tante ‘coop’ della Chiesa che si spartiscono il business dell’immigrazione.
Che è spaventoso. A documentarlo sono gli stessi dati del rapporto Caritas 2017 sulla “Protezione internazionale in Italia“.
Secondo quei dati, che ad oggi non dovrebbero essere superati se non di poco, il 17% dei richiedenti accolti in Italia sono ospiti della Cei. Parliamo di 23mila stranieri.
Di questi 23 mila immigrati che risultano nelle strutture religiose, poco meno di 5mila mangiano grazie a fondi ecclesiastici o donazioni come l’8 per mille. I restanti il 79% la Chiesa li accoglie sì, ma usando i soldi dei contribuenti. I famosi ’35 euro’.
Parliamo dialmeno 150 milioni di euro all’anno.
A far man bassa di appalti sono le diocesi e la Caritas. L’ente della Cei compare come aggiudicatario in almeno 26 diverse prefetture attraverso le sue diramazioni locali o le fondazioni direttamente controllate. Sondrio, Latina, Pavia, Terni e via dicendo per un importo ben oltre i 30 milioni di euro l’anno. I dati risalgono a tutto il 2016: tra le più ricche la Caritas di Udine, con i suoi 2,7 milioni di euro. Poi la Mondo Nuovo Caritas di La Spezia (1,7 milioni) e infine quella di Firenze (664mila euro). Un capitolo a parte lo merita Cremona, città che ha dato i natali a Monsignor Gian Carlo Perego, direttore Generale di Migrantes (l’ufficio per le migrazioni della Cei). Qui la Chiesa ha fatto bottino pieno: oltre 3 milioni di euro alla diocesi cittadina e 1,6 milioni assegnati alla gemella di Crema. L’attuale vescovo di Ferrara, soprannominato “il prelato dei profughi”, quando guidava la Caritas cremonese lasciò in eredità la cooperativa “Servizi per l’accoglienza” degli immigrati. Coop che ovviamente non si è fatta sfuggire 1,2 milioni di euro di finanziamento nel circuito Cas e altri 2,4 milioni per la rete Sprar 2014/2016 da spartire con altre due associazioni.
“La Chiesa accolga gratis i migranti”, ha chiesto più volte Matteo Salvini invitando i vescovi a dichiararsi pure ospitali, ma senza pesare sui contribuenti. Parole al vento. E così per capire il variegato mondo cristiano nella gestione dell’immigrazione, bisogna pensare al sistema solare: al centro la Caritas (che di solito si occupa solo di coordinare) e tutto intorno un’immensa galassia di organizzazioni più o meno collegate. Vicine al sole ruotano decine di cooperative nate in seno alle diocesi e operative su suo mandato. Spiccano tra le altre la Diakonia onlus di Bergamo, che ha incassato 8,1 milioni. Oppure la Intrecci Coop di Milano, con i suoi 1,2 milioni di euro per l’accoglienza straordinaria a Varese. Dove non arriva la curia ci pensano i seminari, le parrocchie, gli ordini religiosi e le fondazioni. Come la “Madonna dei bambini del villaggio del ragazzo”, che nel 2016 aveva ottenuto l’assegnazione di 1,5 milioni di euro.
A poca distanza dal cuore del sistema si posizionano invece centinaia di associazioni che si richiamano a vario titolo alla dottrina sociale della Chiesa. Qualche esempio? Tra un coro dello Zecchino d’Oro e l’altro, la Antoniano onlus di Bologna ha accolto pure un piccolo gruppo di migranti. E con il sottofondo del “Piccolo coro” si è vista liquidare 129mila euro in un anno. Alla faccia di Topo Gigio. E ancora la cooperativa Edu-Care di Torino (2,6 milioni assegnati), la San Benedetto al Porto di Genova (fondata dal prete “rosso” Don Gallo), le Acli e via dicendo. L’elenco è sconfinato.
Al banchetto caritatevole partecipano tutte, dalle coop citate nelle carte di Mafia Capitale fino ad arrivare alla diffusa rete delle Misericordie d’Italia. La sezione più famosa è quella che gestisce il Cara di Isola di Capo Rizzuto, finito nella bufera con l’accusa di collegamenti con la mafia e trattamenti inumani verso i migranti. Ma le maglie della Venerabile Confraternita sono fitte e le sue affiliate non si fermano in Calabria. Alcune sezioni controllano diversi Cas tra Arezzo, Firenze, Ascoli, Pisa (e non solo). In Toscana l’introito complessivo per il 2016 è succulento: 6,2 milioni di euro. E pensare che nel vademecum dei vescovi c’è scritto che l’ospitalità può essere anche “un gesto gratuito”. Alcuni non devono essersene accorti.