La Francia volle Gheddafi morto perchè voleva una sua valuta: le mail del Segretario di Stato Hillary Clinton lo dicevano chiaramente già anni fa
Le mail del Segretario di Stato Hillary Clinton pubblicate da Wikileaks rivelano come il tentativo di Gheddafi di creare una valuta pan-africana alternativa al Franco Africano spinse Sarkozy a chiederne la testa.
E a ben contare si scopre che Di Maio non ha tutti i torti. Decine di migliaia di migranti irregolari arrivano dai paesi condizionati dal controllo valutario di Parigi.
Chi tocca il Franco Africano (Cfa), la valuta perno del neo colonialismo di Parigi in Africa, rischia la vita. E lo sa bene Hillary Clinton. Ai primi d’aprile del 2011 l’allora Segretario di Stato americano era assai curiosa di comprendere i veri motivi che spingevano il presidente francese Nicolas Sarkozy a chieder con tanta foga l’abbattimento di. A spiegarglielo ci pensò la mail di un suo consigliere chiarendole come all’origine dell’animosità di Parigi vi fosse la scoperta di un piano del dittatore libico per spingere i paesi africani ad abbandonare il sistema valutario gestito dalla Francia.
Insomma altro che “frasi ostili e senza motivo” come recita la convocazione dell’ambasciatrice italiana a Parigi Teresa Cataldo da parte del ministero degli esteri francese. Dietro l’indignazione per le dichiarazioni del vice premier sul ruolo del “Franco Africano” e sugli scompensi provocati alle economie dei 14 paesi africani che l’utilizzano si nascondono interessi politico-finanziari cruciali ed intoccabili. Interessi che sono all’origine della devastante guerra a Muhammar Gheddafi voluta e orchestrata dalla Francia di Sarkozy e combattuta per suo conto da tutta la Nato.
Per capirlo basta rileggere i passi più importanti della mail del 2 aprile 2011 intitolata “France’s Client & Qaddafi Gold” (il cliente della Francia e l’oro di Gheddafi”) in cui Sidney Blumenthal, un ex-consigliere presidenziale di Bill Clinton rimasto in stretti rapporti con Hillary Clinton spiega l’intricato affare. Citando fonti vicine al figlio di Gheddafi Saif al Islam Blumenthal spiega come in quei primi d’aprile del 2011, quando la rivolta infuria da oltre un mese, il regime “abbia da poco spostato 143 tonnellate di oro e una quantità simile di argento dalla banca centrale Libica di Tripoli alla citta di Saba” nel centro del paese.
“Quell’oro — racconta la mail di Blumenthal — è stato accumulato precedentemente alla ribellione in corso ed era destinato alla creazione di una valuta pan-africana basata su un Dinaro Aureo Libico. Questo piano puntava a garantire ai paesi francofoni africani un alternativa al Franco Francese (Cfa). Secondo fonti affidabili questa quantità di oro e argento ammonta a un valore di circa 7 miliardi di dollari. L’intelligence francese ha scoperto il piano poco dopo l’inizio della ribellione e questo sarebbe uno dei fattori che ha influenzato la decisione del presidente Nicolas Sarkozy spingendo la Francia ad attaccare la Libia”.
Insomma Di Maio riprendendo e rilanciando l’argomento avrebbe toccato uno dei punti cruciali delle politiche francesi in Africa. Un argomento così cruciale da aver innescato un conflitto devastante come quello libico. In effetti l’interesse della Francia è alquanto evidente. Per garantire il franco francese, ovvero la dipendenza dalla propria banca centrale, Parigi si arroga il diritto di detenere nei forzieri parigini il 50 per cento di tutte le riserve in valuta estera posseduta dai 14 paesi africani firmatari dell’intesa valutaria.
Quanto alla relazione tra le conseguenze economiche determinate dalla dipendenza da Parigi e i flussi migratori attenzione a non guardare soltanto alle cifre dell’anno in corso come coloro che negano le tesi sostenute da Di Maio e dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Tra il 2014 e il 2017 — ovvero negli anni in cui il flusso migratorio era più intenso e incontrollato — una buona parte dei migranti irregolari sbarcati in Italia proveniva proprio dai paesi condizionati dal franco francese. Tra i 170mila e 100 sbarcati nel 2014 9.908 provenivano dal Mali e 4.933 dal Senegal. Quasi l’11,5 per cento, più di un decimo del totale, era dunque figlio delle economie caratterizzate dal franco francese. Nel 2016 ben 44.662 migranti irregolari, ovvero il 24,6 per cento dei 181.436 sbarcati sulle nostre coste, provengono da Guinea (13.342), Costa d’Avorio (12.396), Senegal (10.327), Mali (10.010). E le percentuali restano alte anche nel 2017 quando a fronte di un totale 119.310 sbarchi il 22,05 per cento è composto da persone in fuga della Guinea (9.693), dalla Costa d’Avorio (9.504) e dal Mali (7.114).
Insomma altro che frasi “ostili e senza motivo” fate la media e scoprirete che poco meno di un quinto dei migranti irregolari è figlio del neo-colonialismo francese.