Cantieri, Tav, banche e aerei. Gli affari a rischio con Parigi
La crisi potrebbe anche leggersi in un’ottica preelettorale, se non fosse che, proprio mentre sale la tensione con Parigi, sono diversi i fascicoli tricolori sulle tavole di imprenditori, manager e politici d’Oltralpe in attesa di risposte e soluzioni e che potrebbero essere penalizzati. E, d’altro canto, secondo i calcoli di Kmpg, tra il 2000 e il 2018 sono state realizzate operazioni italo francesi per 112 miliardi di euro che, per i due terzi, hanno visto i cugini d’Oltralpe come acquirenti.
Fonti vicine a Fincantieri riferiscono che si guarda con preoccupazione all’escalation di accuse tra Parigi e Palazzo Chigi. A un anno dalla formalizzazione dell’intesa raggiunta con il governo di Emmanuel Macron e a quasi due dal contratto preliminare di acquisizione del 50% di Stx, i vecchi Chantiers de l’Atlantique, l’accordo è appena stato rimesso in discussione dalla petizione congiunta alla Commissione Europea di Francia e Germania (che proprio ieri hanno rinnovato ad Aquisgrana il trattato di amicizia). L’operazione non necessitava neppure della notifica all’Autorità Ue in quanto non raggiungeva le soglie di fatturato richieste. Ma l’Antitrust francese, a cui si è associato quello tedesco (proprio in Germania ha sede Meyer Werft, il maggiore rivale di Fincantieri), ha ipotizzato che un simile matrimonio potesse nuocere alla concorrenza nel settore della costruzione navale. Al di là della pura formalità, un atteggiamento ostile di Parigi potrebbe influire sulla decisione che verrà presa dalla Commssione e sui tempi di perfezionamento di questo matrimonio italo francese a cui è appeso il futuro sviluppo della stessa Fincantieri.
E il gruppo guidato da Giuseppe Bono non è il solo a sperare in una distensione. Non sfugge infatti che, in queste ore, il governo stia cercando febbrilmente una sponda per chiudere gli spinosi dossier di ristrutturazione bancari, prima di tutto Carige, commissariata a inizio 2019, ma anche Banca Mps per cui il Tesoro (oggi al 68% del capitale) deve indicare entro giugno, secondo gli accordi presi a luglio 2017 con la Commissione Europea, un percorso di riprivatizzazione da effettuarsi entro il 2021. In entrambi i casi un interlocutore francese (da tempo si guarda al Credit Agricole e a Bnp Paribas) sarebbe più che apprezzato persino dai leader della maggioranza.
La Francia potrebbe spuntare anche nella definizione di un altro fascicolo bollente: quello di Alitalia. Per il riassetto dell’ex compagnia di bandiera Fs si trova a scegliere tra due alleati industriali: la cordata Air France Klm e Delta, o Lufthansa. E, per ottenere le migliori condizioni per Alitalia, comunque vada è fondamentale che i francesi non si sfilino prima della conclusione delle trattative.
Del deterioramento delle relazioni politiche tra i due Paesi potrebbero poi risentire anche gli sviluppi sulla Tav Torino-Lione e la creazione di un’unica rete tlc, attraverso l’integrazione della rete Tim con quella di Open Fiber, un progetto perseguito dal governo e voluto da Elliott, il fondo Usa che un anno fa, con il sostegno della Cassa Depositi e Prestiti, ha spodestato Vivendi dal controllo di Tim. Vivendi tuttavia, con il 23,9% del capitale pagato oro (4,2 miliardi di euro, oggi vale la metà), potrebbe essere d’ostacolo e, nel frattempo, ha già ottenuto il giorno della resa dei conti: l’assemblea del 29 marzo.