L’affondo del gesuita Ripamonti: “Accomunare migranti e rifugiati”
La nuova strage nel Mediterraneo scatena le critiche nei confronti della politica del governo sui migranti.
E la Chiesa si è detta contraria al giro di vite sui flussi. L’ultimo a ribadire il concetto è padre Camillo Ripamonti, gesuita e a capo del Centro Astalli per i rifugiati.
Intervistato da Il Corriere della Sera, padre Camillo torna sulla tragedia del naufragio: “Continuiamo a ripeterlo: questi morti dovrebbero interrogare le nostre coscienze e farci chiedere se le politiche attuali sono adeguate. E invece è come se ogni morte confermasse che bisogna chiudere di più, ostacolare di più il salvataggio. Tutto questo è assurdo”. E critica l’operato del governo e la chiusura dei porti voluta fortemente dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, dicendo che non è vero che l’apertura dei porti conduirrà a nuovi ingressi: “I fatti di queste settimane e mesi, purtroppo, dimostrano il contrario. Le persone continuano a partire, trovano vie diverse, se non è il Mediterraneo centrale è quello orientale. Anche con i porti chiusi i trafficanti proseguono il loro lavoro, e le persone muoiono. Bisognerebbe interrogarsi sull’efficacia delle politiche che bloccano i flussi e ostacolano il salvataggio”.
E interrogato sulla presenza dei 47 migranti a bordo della Sea Watch-3, padre Ripamonti continua: “È inaccettabile. Con le persone non si fanno bracci di ferro. Le persone vanno salvate, punto. Ci si confronta sui tavoli e non sulla pelle degli esseri umani. Non si possono usare naufraghi e morti per sostenere le proprie idee o aprire varchi nelle politiche internazionali”. E lancia la sua idea sulla crisi dei migranti, andando a ripetere le idee a favore del Global Compact: “Andrebbe ripensata tutta la politica dei singoli Stati e dell’Unione europea. Il fenomeno migratorio è strutturale e complesso. Diventa sempre più difficile distinguere fra migrante economico e di guerra, le situazioni sono mescolate. Per questo la Santa Sede ha proposto di accomunare migranti e rifugiati. Il Global compact ha dimostrato che occorre regolamentare le migrazioni attraverso la partecipazione di tutti, coordinarsi. Gli strumenti ci sarebbero. Quello che manca è il coraggio politico”.