Naufraga un gommone con 120 migranti al largo delle coste libiche: Ong specula sui morti per ricattare l’Italia
Ieri sera un elicottero della Marina Italiana è intervenuto per trarre in salvo i superstiti, ma per gli altri non c’è stato molto da fare. Poche ore dopo, si scatena la polemica sulle politiche migratorie, la chiusura dei porti e il ruolo delle Ong nel Mediterraneo. Come c’era da attendersi.
“Ci hanno raccontato che su quel gommone, partito dalla Libia la notte di giovedì 17, c’erano circa 120 persone – spiega all’Adnkronos Flavio Di Giacomo, il portavoce Oim in Italia che ha interrogato i superstiti. “Dopo 10-11 ore di navigazione il gommone ha cominciato a sgonfiarsi ed affondare. Le persone sono cadute in mare e sono affogate”. I naufraghi sarebbero rimasti tre ore a galla prima dell’intervento dell’elicottero della Marina italiana.
Il salvataggio
Il salvataggio è avvenuto a 50km a Nord-Est di Tripoli. Uno dei tre migranti era in acqua, gli altri due su una zattera di soccorso lanciata poco prima. Trasportati d’urgenza a Lampedusa dalla nave Duilio, sono stati sottoposti alle cure del poliambulatorio dove sono arrivati in ipotermia. “Altri morti al largo della Libia. Finché i porti europei rimarranno aperti, finché qualcuno continuerà ad aiutare i trafficanti, purtroppo gli scafisti continueranno a fare affari e a uccidere”, scriveva ieri sera a caldo il ministro dell’Interno. Ma ora la notizia di quasi 120 dispersi fa riesplodere il dibattito sull’immigrazione.
Le accuse arrivano dal canale Twitter di Sea Watch. “Le persone rischiano di affogare in un Mediterraneo svuotato da navi di soccorso – scrivono su Twitter – Nessun programma EU di salvataggio in mare, Open Arms bloccata in Spagna, Sea Eye in cerca di un porto per cambio equipaggio”.
Ma cosa è successo veramente? Tutto inizia nel pomeriggio quando un velivolo militare italiano avvista un gommone “in fase di affondamento” con circa 20 persone a bordo. Il P 72 del 41° Stormo di Sigonella lancia in mare due zattere salvataggio “tipo Coastal” e informa le autorità. Nell’immediato dal cacciatorpediniere Caio Duilio decolla un elicottero SH 90 che, in due distinte missioni, salva i tre naufraghi in ipotermia.
Lo scontro Ong-Guardia costiera
Questa la cronaca. Nel frattempo, però, è Sea Watch a sollevare le polemiche. Ieri sera l’Ong scriveva che “di ritorno da un volo di ricognizione” il velivolo “Moonbird” ha “intercettato via radio un avvistamento da parte di un velivolo italiano di un gommone parzialmente affondato”. Secondo le informazioni di Sea Watch, un “mercantile” si trovava “nelle vicinanze” ma “non risulta intervento”. Solo un’ora dopo l’Ong twitta di nuovo: “Roma rifiuta di dare info – scrive sui social – comunica che la Libia è responsabile per il caso; tuttavia la comunicazione con gli ufficiali libici risulta impossibile”. A quel punto, sono circa le 19.34, “non avendo informazioni” sul soccorso in corso, la Sea Watch 3 decide di virare rotta “verso la posizione del naufragio”.
Diversa però la posizione della Guardia Costiera italiana. In una nota, la Marina fa sapere che ieri pomeriggio “acquisita la notizia di un gommone semi-sommerso con migranti a bordo” ha “immediatamente verificato che la Guardia costiera libica fosse a conoscenza dell’evento in corso all’interno della sua area di responsabilità Sar, assicurando alla stessa la massima collaborazione”. La nota della Guardia costiera è una replica a quanto riferito dalla Sea Watch a cui la Marina ha “comunicato che la loro disponibilità” di intervento “sarebbe stata offerta alla Guardia costiera libica, quale Autorità coordinatrice dell’evento”. Tutto secondo le regole Sar.
Secondo l’Ong nella posizione del naufragio non ci sarebbe stato “nessuno”. “Nel buio della notte – scrivono – abbiamo rinvenuto solo 2 zattere lanciate ore prima da un aereo della Marina Militare”. Ricostruzione anche questa, però, smentita dalla Guardia Costiera, secondo cui “una nave mercantile dirottata dai libici, giunta in zona, ha effettuato un’attività di ricerca non trovando alcuna traccia del gommone”.