“L’euro è stato la salvezza dell’Italia”. De Benedetti scorda gli errori di Prodi
Carlo De Benedetti non ci sta a criticare l’euro. 84 anni, imprenditore, europeista e “tessera numero 1” del Partito democratico, De Benedetti, in un’intervista a Il Sole 24 Ore elogia la moneta unica: “L’euro è stato la salvezza dell’ Italia.
Che Paese saremmo oggi se 20 anni fa fossimo rimasti con la lira? Simili all’Egitto, finanziariamente. Criticare l’euro è da folli anche se è vero che la moneta unica, come l’ Europa, è un’incompiuta”.
Un’incompiuta che ha anche un autore, Jacques Delors, di cui De Benedetti è amico: “Ricordo che una sera a cena a Bruxelles sostenevo che il progetto della moneta unica senza un supporto istituzionale mi sembrava un azzardo. Mi spiegò che si trattava di un azzardo necessario perché la politica, da sola, non avrebbe mai avuto il coraggio di procedere all’integrazione europea. Lanciare la moneta avrebbe accelerato il processo di unificazione. Delors aveva ragione, anche se poi bisogna ammettere che l’euro è rimasto incompiuto per la mancanza di iniziativa politica verso una maggiore integrazione europea”. Integrazione che per De Benedetti significa rafforzare la Costituzione europea.
Ma l’euro non è stata una presa di posizione così serena. Anzi, i momenti in cui è stato deciso l’ingresso dell’Italia, De Benedetti li ricorda come “drammatici”. E a nulla valsero i tentativi dell’Italia di rimanere con la lira ancora per un po’, come suggerito da molti economisti. Romano Prodi, ricorda De Benedetti, andò anche in Spagna, a Madrid, per parlare con l’allora premier José Maria Aznar e chiedere uno slittamento del passaggio alla moneta unica insieme al governo spagnolo. Ma Anzar rifiutò e a quel punto Prodi fece entrare subito l’Italia.
E sulle parole di Giulio Tremonti che ha ribadito che l’Italia nell’euro sia stata un’imposizione tedesca per tenerci ancorati alle decisioni di Berlino, De Benedetti si dice del tutto in disaccordo. E del resto De Benedetti non ha mai fatto mistero di avere un ottimo legame con la Germania, a tal punto da crticare per questo motivo la scelta di Paolo Savonacome minstro. “Ricordo benissimo che all’epoca in Italia tutta la classe dirigente e politica voleva entrare nell’euro. Lo voleva Gianni Agnelli, lo voleva l’establishment, la Confindustria. È vero invece che poi la Germania ha beneficiato più dell’Italia dei vantaggi dell’euro. Ma la colpa è solo nostra, non abbiamo mai fatto le politiche per migliorare la produttività a differenza di Berlino dall’era Schröder in poi”. E De Benedetti nega qualsiasi tipo di golpe finanziario nei confronti di Silvio Berlusconi.
Ma lo sguardo non è solo rivolto al passato: anche al futuro. E nel futuro ci sono le elezioni europee. A Il Sole 24 Ore, De Benedetti dice che “è possibile che con le prossime elezioni il primo raggruppamento parlamentare a Bruxelles sia di impostazione sovranista”, ma auspica che “il Partito popolare europeo non pensi di blandire i sovranisti, arrivando a qualche tipo di alleanza. Lo considererei un errore della portata di quello del primo ministro britannico Chamberlain che nel 1938 pensò di ammansire Hitler”.