Si ammala di cancro alla gola per fumo passivo, la Cassazione condanna Poste Italiane a risarcire ex dipendente
Per 14 anni è stato esposto, quotidianamente, al fumo passivo. Per una media di sei ore al giorno.
Accadeva sul suo posto di lavoro, in un ufficio siciliano di Poste Italiane, condannate definitivamente dalla Cassazione a risarcire Francesco, ex impiegato, oggi 90enne. Che a causa di quelle esalazioni, anni dopo, si è ammalato di cancro alla gola.
Secondo quanto riportato da Il Tempo, per i giudici, oggi, sarebbero evidenti sia il grosso danno biologico provocato dalla malattia, sia il collegamento tra il tumore e le pessime condizioni del luogo di lavoro dove, per anni, l’uomo ha prestato servizio. La Corte ha quindi imposto all’azienda di versare 174mila euro al pensionato, riconoscendo loro ogni responsabilità.
La mancata soluzione di Poste
Per i giudici, infatti, Poste Italiane avrebbero dovuto trovare un rimedio per assicurare una soluzione lavorativa migliore al suo impiegato, tenendo presenti anche gli effetti del fumo passivo. Ed è proprio su questo che il consulente tecnico avrebbe riconosciuto l’origine professionale del tumore, chiarendo che “il fumo passivo è riconosciuto dalla scienza medica quale causa di cancro alle vie aeree superiori” e tenendo presente che, già nel 1975, una normativa aveva vietato le sigarette in alcuni ambienti (come le corsie degli o spedali e le aule delle scuole), proprio per la pericolosità delle esalazioni da fumo passivo.
La vicenda
Francesco aveva lavorato nell’ufficio postale dal 1980 al 1994. Il tribunale e la corte d’Appello di Messina avevano già ritenuto legittima la sua richiesta proprio perché l’uomo aveva lavorato a lungo in “locali insalubri, perché di ridotte dimensioni, e saturi di fumo” a causa delle sigarette continuamente accese dai colleghi. La giustizia, oggi, ha confermato che, proprio quelle discutibili condizioni di lavoro, hanno causato “il tumore faringeo, diagnosticato dopo la chiusura del rapporto di lavoro (nel 2000, ndr) e rimosso chirurgicamente”.
Un ufficio con finestre sigillate
Ai giudici l’uomo avrebbe raccontato nel dettaglio le condizioni in cui era stato obbligato a lavorare: l’ufficio era piccolo, le finestre sigillate e, inoltre, i colleghi fumatori non avevano a disposizione spazi riservati per fumare una sigaretta. E ha aggiunto che nulla è mai stato fatto per salvaguardare i dipendenti non fumatori.
Le conseguenze della malattia
Francesco non sarebbe mai stato un fumatore e a rendere ancora più difficile la sua vicenda, è stato il percorso di terapia dopo l’operazione. L’anziano, oggi, è guarito, ma ha avuto danni alle corde vocali, ha perso tutti i denti, parla con difficoltà e può nutrirsi soltanto con alimenti liquidi.
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