La pacchia è finita e la galera è vicinissima! Fini è alla resa dei conti con la giustizia, ecco chi gli stanno per arrestare: è questione di poche ore
Chissà che sia la volta buona. La Camera approverà oggi la legge che renderà operativo il Trattato di cooperazione giudiziaria e di estradizione con gli Emirati Arabi Uniti, che dovrebbe consentire il rientro in Italia dei latitanti oggi ormeggiati sulle spiagge del Golfo Persico. Come riporta l’huffingtonpost.it, il “Trattato di mutua assistenza giudiziaria in materia penale” era stato siglato dal governo italiano nel settembre del 2015 ad Abu Dhabi, ma sospeso per gli effetti di una direttiva europea. Negli Emirati vige infatti la pena morte e in caso di estradizione verso il Paese contraente sarebbe stati inflitta la pena capitale.
In base al nuovo accordo la condanna “prevista in loco” dovrà essere commutata in pena detentiva. I due nomi più noti, tra quelli dei latitanti scappati a Dubai e dintorni, sono quelli dell’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena e del cognato di Gianfranco Fini, Giancarlo Tulliani. Quest’ultimo, che è ricercato dalla giustizia italiana con l’accusa di riciclaggio internazionale di denaro, era stato peraltro arrestato a Dubai a fine 2017 dalle stesse autorità emiratine, ma era poi riuscito a tornare in libertà nel dicembre dello stesso anno pagando una cospicua cauzione.
Fabio Amendolara per “la Verità”
Il grand hotel Dubai chiude. Le vacanze nel Golfo Persico degli italiani latitanti lì da anni sono finite: è prevista per oggi, salvo colpi di scena, la ratifica del trattato di estradizione tra Italia ed Emirati Arabi firmato nel 2015.
Superato il passaggio normativo legato alla pena di morte (negli Emirati Arabi è prevista dalla legislazione) che ne impediva la completa approvazione da parte italiana, si va alla ratifica in Parlamento. Una pessima notizia per chi, criminale economico o padrino della mala, aveva scelto quel Paese perché si sentiva al sicuro.
Potrebbero essere guai seri, ad esempio, per il potente armatore siciliano ed ex parlamentare Amedeo Matacena, condannato in via definitiva a tre anni per concorso esterno in associazione mafiosa e dal 2014 ricercato con un mandato di cattura internazionale per un’ inchiesta su un trasferimento fraudolento di beni che vede tra gli indagati anche l’ ex ministro Claudio Scajola.
L’ altro big a cui potrebbero tremare le gambe è il cognato dell’ ex presidente della Camera Gianfranco Fini: Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, a Dubai già ci viveva prima che il gip di Roma Simonetta D’ Alessandro disponesse per lui la privazione della libertà personale con l’ accusa di aver riciclato i soldi del re del gioco d’ azzardo legalizzato Francesco Corallo.
Tulliani, nel mese di marzo dello scorso anno, al termine di inutili ricerche, è stato dichiarato latitante. Il 4 novembre, dopo essere stato inseguito da una troupe di giornalisti di La7, si rivolse alla polizia per protestare. Fu in quell’ occasione che scoprì l’ esistenza di un mandato di cattura internazionale che pendeva sulla sua testa e che ora potrebbe riportarlo in Italia.
Dubai è la meta scelta, sin dal 2010, anche dal famigerato manager in bancarotta Samuele Landi, ex amministratore delegato di Eutelia, il quale porta sulle spalle due condanne che sommate fanno un totale di 15 anni di detenzione. Negli Emirati ha ripreso a fare affari e ha avviato un’ azienda che sta sperimentando sistemi di telecomunicazione non intercettabili.
Stessa spiaggia e stesso mare per Andrea Nucera, costruttore fallito, ricercato per la bancarotta fraudolenta nata dal crac della società Geo, dopo la lottizzazione abusiva della zona diventata il più grande cantiere edile del Ponente ligure. Nucera, che nel suo esilio arabo si è portato dietro la nonnina ultranovantenne, ha avviato nuove attività imprenditoriali, aprendo ristoranti e negozi.
Anche Claudio Cirinnà, fratello della Signora delle unioni civili, fu cercato dai carabinieri inutilmente a Dubai, meta scelta per sottrarsi a un’ indagine su una brutta faccenda legata a un traffico illecito di carburante tra l’ Italia e la Repubblica Ceca.
Nelle intercettazioni lo definivano «il matematico» e, infatti, con precisione matematica, sparì proprio il giorno delle perquisizioni.
Da anni si godono una insolente vacanza nel Golfo Persico due capibastone della camorra: Tano Schettino, considerato dalla Procura antimafia napoletana il broker della droga del clan degli scissionisti di Scampia (nel 2016 fu arrestato e liberato a Dubai nel giro di 40 giorni) e il suo socio in affari Raffaele Imperiale, al secolo Lelluccio Ferrarelle, perché passò con successo dalla distribuzione delle acque minerali alla grande distribuzione della cocaina.
Anche Imperiale ha scelto Dubai, dove vive spendendo ogni mese 400.000 euro, almeno secondo le stime tracciate fino al 2016, anno dell’ inchiesta che ha disposto il suo arresto.
A Dubai c’ è anche Mazinga, nomignolo usato da Massimiliano Alfano, giovane salernitano, romano d’ adozione, che ordinò la gambizzazione di un’ estetista sessantenne nel quartiere Ardeatino. Si era trasferito sul Golfo già prima dell’ arresto anche Anton Giulio Alberico Cetti Serbelloni, rampollo di una famiglia nobile di Milano che nell’ albero genealogico vanta anche un papa, Pio IV, e che ha costruito un impero nel campo immobiliare e dell’ arte.
È finito a Dubai per un’ evasione fiscale da un miliardo di euro. In Italia è atteso per un ordine di esecuzione per l’ espiazione di una pena residua di poco più di otto anni di reclusione.
L’ ultimo nome della lista è quello dell’ imprenditore piacentino Luigi Provini, ricercato con l’ accusa di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio per un giro di frodi fiscali nel quale sarebbero finite anche le sponsorizzazioni di team e piloti di Formula uno e rally.
E ora che il trattato è quasi legge per loro potrebbe essere in preparazione un biglietto di sola andata per l’ Italia. Potrebbe. Perché non è detto che l’ estradizione sia automatica: la magistratura valuterà gli incartamenti giudiziari, ma è al governo emirato che spetterà comunque l’ ultima parola.