Le vittime della globalizzazione incendiano la Francia di Macron
La rivolta dei gilet gialli è diventata il simbolo di una Francia profonda e ribelle che si rivolta al potere. In queste settimane, il Paese si è dimostrato spaccato, ferito, e lontano anni luce da chi lo governo. Emmanuel Macron, sempre più isolato, si è mostrato incapace di guidare il Paese verso l’uscita dalla crisi. E l’idea che è scaturita da queste settimane di mobilitazione nazionale è che la Francia sia ormai corrosa dal malcontento, dilagante e sempre più violento. E che la sfida al potere politico ed economico di chi guida Parigi è come un fiume carsico, pronto prima o poi a esplodere.
Come scritto in queste settimane, la Francia che si è rivoltata contro Macron non è solo una Francia rurale. C’è qualcosa di più profondando. È la Francia che è uscita sconfitta dalla globalizzazione e dal sistema politico francese. I gilet gialli non sono soltanto il frutto della parte rurale del Paese. E il malcontento è presente in tutti quei segmenti del popolo che sono stati marginalizzati, se non propriamente esclusi, dalle “magnifiche sorti e progressive” che avrebbe dovuto rappresentare Macron.
C’era un’altra Francia, che esiste e che l’ha dimostrato esplodendo nella protesta dei gilet jaunes. Quella Francia descritta anche nel nuovo libro di Michel Houellebecq, “Serotonina”. Che, curiosamente, esce in un momento in cui i francesi si stanno rivoltando come scritto nel libro. Proprio come quattro anni fa, quando “Sottomissione” uscì in concomitanza con l’attentato diCharlie Hebdo. In quel caso, Houellebecq parlava della minaccia dell’islamismo nel momento in cui Parigi veniva colpita dai terroristi. Ora, come scrive Repubblica, “si immerge nella Francia più profonda, quella degli agricoltori e dei perdenti invisibili della globalizzazione”.
Nelle frasi del protagonista, Florent-Claude Labrouste, 46 anni, c’è tutto quello che rappresenta la rivolta dei gilet gialli. La guerra contro il caro-carburanti, la protesta contro la metropoli, la delocalizzazione, la globalizzazione che lascia come vittime il ceto medio e quello degli operai. Come riporta Repubblica, che cita parti del libro, “ogni tanto si chiude una fabbrica, si delocalizzaun’unità di produzione, mettiamo che settanta operai perdano il lavoro (…) c’è un picchetto di scioperanti, incendiano qualche pneumatico, arrivano due o tre politici locali”. Uno scenario che ricorda tutte le critiche rivolte da molti manifestanti contro i politici del governo attuale e dei suoi predecessori, colpevoli di non aver dato risposte a questa Francia.
A questo, si aggiunge poi l’idea di quella Francia rurale fatta di agricoltori e lavoratori del settore che vengono colpiti ogni giorno dal mercato unico europeo, dalle importazioni, dalla nuova tassa sul caro-carburante che ha colpito tutti i cittadini della provincia, legati a doppio filo anche al settore agricolo.
Una marginalizzazione che è partita dalla periferie della Francia rispetto al centro politico e che si è poi estesa anche alle periferie della stessa capitale, Parigi. E così, la rivolta dei gilet gialli è diventata la rivolta di chi è rimasto ai margini. La ribellione delle provincie, delle periferie, delle banlieue parigine, di chi è stato escluso per anni, come se la Francia fosse il centro di Parigi. Come se si potesse dare del Paese un’immagine fatta solo di progressismo. La Francia è un’altra, e ha dimostrato di essere violenta oltre che piena di rabbia. Ed è esplosa di fronte a un Macron che è il simbolo più alto di tutto ciò che ha escluso quella parte profonda del Paese. Come profetizzato da Houellebecq.
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