Traditi e gabbati

E la montagna, a caro prezzo, partorì un topolino, per di più spelacchiato e malconcio.

Ovvero la manovra economica del governo che ha avuto ieri il via libera dell’Europa, la quale – dopo averla dettata (alla faccia del sovranismo) – ha pure preteso una cauzione (due miliardi) come si fa con i morosi e i tipi poco affidabili. Peggio di così non poteva andare, neppure per i fan del reddito di cittadinanza e per i prigionieri della Fornero che vedranno, a furia di tagli, rinvii e diluizioni nel tempo, solo briciole di quanto promesso.

Ma il punto vero è un altro. Gli elettori del centrodestra, compresi quelli della Lega, mai più il 4 marzo si immaginavano di diventare, con il loro voto, complici di tanto scempio nei confronti dei loro interessi. Lasciamo perdere per un attimo la mamma di tutte le schifezze, il reddito di cittadinanza. Chi di voi ha votato Lega, o leghisti via Forza Italia, si immaginava che – avendo vinto le elezioni – il governo gli avrebbe tagliato le pensioni, tolto gli sgravi fiscali, messo le grandi opere su un binario morto, aumentato gli interessi su multe e cartelle esattoriali, messo la tassa sui rifiuti nella bolletta elettrica (quando Renzi lo fece con il canone Rai Salvini tuonò: «Non ci penso neppure, è una truffa»), tasse sulle auto, agenti provocatori in azienda, investigatori con libero accesso ai conti bancari e amenità simili?

Io penso che nessuno se lo sarebbe immaginato. Invece oggi ci ritroviamo traditi e gabbati. È vero, in campi non economici – immigrazione e sicurezza – abbiamo avuto qualche soddisfazione, per altro condivisa, al di là delle dichiarazioni ufficiali, da gran parte dell’elettorato. Risultato: il grillino, grazie a Salvini, non ha più il clandestino sull’uscio di casa e se non lavora avrà il reddito di cittadinanza; noi non abbiamo più il clandestino sull’uscio di casa ma lavorando, complice Salvini che ha ceduto a Di Maio, siamo più vessati e quindi più poveri e meno liberi.

Chi ci ha guadagnato nello scambio mi sembra evidente, e non siamo certo noi. Noi, che da qui in poi pagheremo dazio anche per gli effetti di queste decisioni, a partire dalla frenata di quella già piccola crescita che ci ha accompagnato in questi ultimi anni. Prepariamoci, perché stando così le cose è certo che entriamo in una «recessione sovranista». Che è un po’ come quel marito che per fare dispetto alla moglie (in questo caso la vecchia casta) si taglia gli attributi.

il giornale.it

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