Matteo Renzi, golpe nel Pd in Sicilia: la prova dell’inciucio con Forza Italia
Più che primarie del Pd, in Sicilia è andata in scena la resa dei conti tra renziani e il resto dei dem, con il rischio altissimo che tutto finisca in procura e una scissione temuta a livello nazionale già avvenuta nel partito siciliano. Il renzianissimo Davide Faraone è stato nominato nuovo segretario regionale con quattro voti a favore contro tre, voti espressi da una commissione per il congresso riunita in una stanza dell’ex sede regionale abbandonata, scrive Repubblica, perché nessuno pagava l’affitto.
Più che un’elezione, quella dell’ex sottosegretario è una nomina farlocca, almeno così la vede la candidata zingarettiana Teresa Piccione, che si è ritirata all’ultimo, lasciando Faraone come unico candidato e che è pronta a rivolgersi alla magistratura.
Quel che è certo, secondo la Piccione, è che ci sono due partiti in Sicilia: quello di Renzi, che di fatto ha il controllo dell’intera assemblea regionale piddina, e quello zingarettiano, materialmente sbattuto fuori. L’assemblea poi non è neanche completa, visto che mancano 120 delegati, dopo che da Roma sono stati sospesi tutti i congressi locali. “Un golpe – secondo l’ex governatore Rosario Crocetta,giusto per aggiungere altra benzina sul fuoco – la fine della democrazia”.
E se qualcuno ancora cercava prove sull’esistenza del possibile partito renziano, arriva Zingaretti a dare conferme quando, a proposito del caos siciliano, ha parlato di “pesanti interferenze di un altro partito” sulle primarie dem in Sicilia. Il riferimento è diretto a Forza Italia, che in Sicilia risponde agli ordini di Gianfranco Micciché, che avrebbe organizzato “mobilitazioni di massa” prima che saltassero le votazioni ai gazebo.