Violenza e vudù per far prostituire clandestine: nigeriani con permessi umanitari ottengono una pena minore
Le accuse per i quattro imputati nigeriani emerse dalle indagini della squadra mobile di Trento nel 2016 erano riduzione in schiavitù, violenza sessuale e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di donne.
Queste giovani tra i 20 e 30 anni provenienti quasi tutte dalla Nigeria venivano poi avviate alla prostituzione con minacce, violenze e riti voodoo che le soggiogassero.
Il modus operandi di questa associazione a delinquere di soggetti nigeriani che si era formata qualche anno prima era lo stesso adottato da una famiglia anch’essa nigeriana che abitava a Firenze: le ragazze venivano adescate in Nigeria con la falsa promessa di un lavoro in Europa, intimorite, venivano sottoposte a rito voodoo (ju-ju), in modo che fossero vincolate al pagamento del debito, circa 30 mila euro per coprire le spese di viaggio per raggiungere l’Italia. Per questo erano costrette a prostituirsi.
Le indagini sono iniziate grazie alla denuncia di una di loro presso la questura di Bologna nel 2016 ed hanno portato all’arresto di Lawrence Saribo, 40 anni, il capo dell’organizzazione, la sorella Oliva Atuma, 31 anni residente a Merano con il marito Justice Ehiorobo, 28 anni, entrambi con permesso di soggiorno per motivi umanitari e di un altro fratello, Harrison Atuma.
Solamente il primo di loro però ha ricevuto una condanna doppia rispetto a quello che era stato richiesto dal pm, passando da sei a dodici anni, perché, oltre che per i reati di riduzione in schiavitù e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, gli è stato contestato anche il reato di violenza sessuale su una delle ragazze prese in ostaggio.
Gli altri imputati invece hanno ricevuto una pena minore di quanto la pubblica accusa si aspettava perché il giudice ha deciso di eliminare il vincolo associativo tra tutti i membri che erano finiti in carcere. Questo ha portato all’assoluzione dall’accusa di associazione a delinquere di carattere transnazionale che era stata inizialmente contestata a tutte le cinque persone coinvolte ed una riduzione di pena.
Per loro è rimasto solamente il reato di tratta di esseri umani che è stata riqualificata giuridicamente nell’ipotesi meno grave di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, così grazie a questa riqualificazione dei fatti le difese hanno richiesto ed ottenuto il patteggiamento alla pena di 3 anni e 8 mesi di reclusione per la coppia di coniugi. Peraltro entrambi dovranno scontare solamente il residuo della pena perché un anno di detenzione in carcere in misura cautelare è già stato scontato. Anche l’altro fratello coinvolto Harrison Atuma è riuscito ad ottenere una condanna a 3 anni con rito abbreviato.