Spuntano tre operai in nero nell’azienda del leader grillino
Lo scandalo dei lavoratori in nero nella ditta di Antonio Di Maio, padre del vicepresidente del Consiglio Luigi di Maio, rischia di espandersi a macchia d’olio.
Nel servizio de Le Iene, che andrà in onda questa sera, vengono alla luce altri tre casi di lavoratori abusivi. Un’inchiesta che smentirebbe le parole del capo politico dei Cinque stelle. Di Maio, intervistato dall’inviato Filippo Roma, avrebbe assicurato di aver parlato con il genitore: ci sarebbe un solo episodio di lavoratore in nero. Esisterebbe – secondo la versione di Di Maio – solo il caso di Salvatore Pizzo, dettò Sasà, andato in onda domenica sera. Una versione che sembra smontarsi dopo le altre tre testimonianze raccolte da Le Iene.
Tre nuovi casi allargano lo scandalo. La prima testimonianza riguarda un lavoratore che avrebbe lavorato nella ditta edile del padre di Di Maio per tre anni: tre anni senza alcun contratto. Il racconto ricalca il caso di Sasà: otto ore di lavoro al giorno dal lunedì al venerdì. Per un stipendio mensile sui mille euro. C’è però un elemento nuovo: il lavoratore avrebbe intentato una causa contro il padre del leader grillino per ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Azione legale che secondo il racconto dell’ex operaio sarebbe ancora in corso. Gli anni finiti al centro dell’inchiesta de Le Iene sono sempre quelli tra il 2008 e il 2009. Quando Di Maio (secondo quanto lui stesso ha raccontato) non aveva alcun legame con l’azienda di famiglia. Nel 2014, il ministro del Lavoro e la sorella Rosalba Di Maio hanno rilevato le quote della società di famiglia Ardima. Il secondo operaio che alle Iene ha raccontato di aver lavorato senza contratto è un disoccupato di Pomigliano. Nel racconto fornito a Filippo Roma, che andrà in onda questa sera, l’ex operaio della ditta Di Maio racconta di aver svolto mansioni di manovale edile per 8 mesi. Il terzo caso è il più delicato. Si tratta di un lavoratore reclutato part-time (ovviamente senza copertura contrattuale): l’operaio racconta di aver lavorato con Di Maio senior come manovale solo per metà giornata. Veniva, insomma, impiegato nei cantieri solo nel pomeriggio. Motivo? Il lavoratore era già occupato con regolare contratto in un istituto scolastico della zona. E dunque non avrebbe potuto lavorare nella ditta Di Maio. Avrebbe rischiato seri guai giudiziari. Una versione che sembrerebbe confermata anche dagli altri due operai.
Davanti ai tre nuovi casi, il ministro del Lavoro è apparso gelido. Colto di sorpresa. Non si aspettava che l’affare sui lavoratori in nero nella ditta di famiglia potesse allargarsi fino a questo punto. Tre nuovi casi che si aggiungono alla storia di Sasà che ha raccontato a Filippo Roma di aver lavorato per un anno senza alcun contratto. Tra il 2008 e il 2009 mentre sta svolgendo un lavoro in un cantiere si procura una ferita al dito. Si tratta di un incidente sul lavoro: non ha alcun contratto di lavoro. Dunque, Di Maio senior avrebbe suggerito all’operaio di non raccontare ai medici di essersi procurato la ferita nel cantiere. È lo stesso Di Maio che accompagna al pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli di Napoli l’operaio ferito per le prime cure. Ma all’interno del reparto, Sasà decide di raccontare tutto. E soprattutto dice quella ferita è la conseguenza di un incidente sul lavoro. All’uscita dall’ospedale, Di Maio senior si sarebbe offerto di sostenere le spese per le cure mediche. Continuando a pagare l’operaio nonostante fosse a riposo per malattia. Terminata la convalescenza, il genitore del vicepremier avrebbe deciso di non riassumere più Sasà. Motivando la decisione con la crisi economica. Quattro casi che gettano ombre sul passato della famiglia del vicepresidente del Consiglio.