Vaticano, Papa Francesco sotto accusa per la modifica al Padre Nostro: “Lo scisma è più vicino”
Lo scorso 15 novembre la Cei ha approvato la modifica del Padre Nostro sul Messale: cambia il testo della più famosa preghiera. Ma dietro a questa scelta c’è molto di più che una semplice questione interpretativa. Per restare ai fatti, il Non ci indurre in tentazione verrà sostituito dal Non abbandonarci alla tentazione, che i vescovi italiani ritengono più conforme al significato originale in greco. Ma come sottolinea Il Giornale, l’opinione non è condivisa da molti teologi e da una parte rilevante di cattolici italiani. Dietro alla vicenda, insomma, si nasconderebbero le inquietudini e le divisioni che agitano la Chiesa cattolica all’epoca del pontificato di Papa Francesco.
“Non c’ è dubbio che negli ultimi anni si susseguono novità che vanno nella direzione di un cedimento alla mentalità del mondo: dalla discutibile rivalutazione di Martin Lutero alla condiscendenza verso la cultura omosessualista, dal primato della prassi sull’ortodossia alle aperture su donne diacono e preti sposati, è tutta una corsa al cambiamento che sembra condannare ciò che è stato vero in duemila anni di Chiesa”, nota l’articolo di Riccardo Cascioli. E infatti in molti, ormai, parlano della “Chiesa di Francesco”, o della “nuova Chiesa”. Così nuova da voler mettere mano anche all’unica preghiera insegnata da Gesù. Peccato che la modifica sia stata fatta ignorando “il Catechismo della Chiesa cattolica, che offre già la spiegazione del versetto non ci indurre in tentazione (nn.2846-2849); spiegazione che non collima con la nuova traduzione”, continua l’articolo. Il segnale è chiaro: la dottrina della Chiesa può cambiare nel tempo.
Va da sé che la modifica del Padre Nostro agiti il Vaticano, sempre più polarizzato. Tanto che il cardinale Robert Sarah ha reagito, con una lunga lettera inviata al Papa e pubblicata su La nuova bussola quotidiana. Lettera in cui si premurava di interpretare in modo ben più restrittivo il documento del Papa, con l’ autorità che gli viene dal suo ruolo. Il timore del cardinale è quello di una deriva che porti a un “federalismo liturgico” che possa mettere in discussione proprio l’unità della Chiesa Cattolica. Lo scisma, insomma, evocato da Sarah. Non a caso, Papa Francesco il successivo 22 ottobre, con una seconda lettera, smentiva le tesi di Sarah.
Una discussione che non è soltanto accademica, perché tocca il cuore della Chiesa cattolica. La spaccatura è sempre più una possibilità, come confermano anche le parole di Gerhard Muller, ex prefetto dell Congregazione per la Dottrina della Fede recentemente liquidato dal Papa. In una recente intervista faceva sue le preoccupazioni di Sarah, sottolineando: “La liturgia unisce, non deve dividere e fare scaturire contraddizioni. L’autorità finale in caso di dubbi non può risiedere nelle Conferenze episcopali perché questo vorrebbe distruggere l’ unità della Chiesa cattolica e la comprensione della fede e della comunione e della preghiera”. Dietro alla vicenda del Padre Nostro, insomma, si nasconde (in malo modo) la battaglia più grande, quella su cui si gioca l’unità della Chiesa Cattolica.