La vera porcata sarebbe dire sì alla Francia e respingere la manovra del governo italiano. Perché la situazione dei due Paesi in termini di debito e stime di crescita è pressoché identica. Lo spiega il ministro per gli Affari europei Paolo Savona in un articolo pubblicato su ItaliaOggi. La prima tesi che smonta è che la Francia possa programmare un deficit di bilancio per il 2,8% del suo pil perché il suo debito pubblico è inferiore al nostro. Dati dell’Economist alla mano, “queste affermazioni sono fuori da ogni schema logico di macroeconomia e paiono frutto di ideologia e superficiale valutazione della realtà. La Francia ha un doppio (twin) deficit, di bilancia estera e pubblica, accompagnata da un aumento dei prezzi al consumo che ha recentemente superato il tetto stabilito dalla Bce”, spiega Savona. “Unica nei principali paesi dell’euroarea, il suo disavanzo estero di parte corrente è dell’1,1% del pil, seguita solo dalla Grecia con il con l’ 1,2%. Vive cioè al di sopra delle proprie risorse. Il suo deficit di bilancio pubblico è del 2,4%, a livello di quello preventivato per il 2019 dall’Italia, attualmente al 2%”.
Secondo punto: la previsione di crescita reale della Francia è nell’ordine dell’1,7%, “leggermente superiore al nostro, comunque insufficiente per affrontare la sua disoccupazione del 9,2%, non discosta dal 10,4% dell’Italia; ha dovuto pertanto scegliere se procedere nella direzione della stretta fiscale o puntare alla ripresa produttiva. Si può discutere se ha scelto di attivare lo strumento adatto, ossia la riduzione delle tasse, ma si deve ritenere che, se ha deciso di aumentare il deficit pubblico, la sua scelta è comprensibile, pur essendo conscia che il risultato sarà un peggioramento dei due deficit”.
Infine, conclude Savona: “I gruppi dirigenti di un’Europa che ha bisogno di crescere per il bene dei suoi cittadini e della sua stessa esistenza, la quale accetta una siffatta condizione, deve spiegare perché non si mette seriamente a discutere del suo futuro, come il Governo italiano ha chiesto con il documento che sollecita una politeia invece di una governance, e indulge in posizioni superate dalla storia. È giunto il momento di decidere chi vuole veramente l’Unione Europea, operando per mantenerla, o chi opera contro, facendo finta di volerla difendere”.