I vucumprà sfuggono ai controlli: così nascondono la merce di contrabbando

Sono almeno ottomila gli abusivi che fanno affari senza licenza per le vie del centro storico di Roma. Li vedi comparire a frotte, nei luoghi più suggestivi della Capitale, accessoriati con mercanzia di vario genere: bottigliette d’acqua, selfie stick, ombrelli, tessuti e borse (guarda il video).

Gli stessi prodotti che, quando c’è da scongiurare il rischio di un sequestro, vengono fatti scomparire negli anfratti più improbabili e poi recuperati nel momento in cui si calmano le acque. Di nascondigli simili, nel cuore della città, ce ne sono a centinaia, ma gli occhi dei passanti difficilmente riescono a individuarli. A due passi dalla Bocca della Verità, ad esempio, alcune coperte sudicie giacciono su un’aiuola. Le solleviamo ed ecco che compaiono ombrelli e impermeabili colorati pronti per essere venduti ai turisti alle prime gocce di pioggia. Nei giardinetti tutt’attorno, la vegetazione incolta ha preso il sopravvento, offrendo più di un opportunità a chi ha bisogno di disfarsi temporaneamente di qualcosa. Non a caso, infatti, ci sono tracce di buste azzurrine e incartamenti che testimoniano la presenza di decine e decine di depositi di fortuna (guarda il video).

Neppure il paesaggio urbano va sottovalutato. Anche se i cespugli selvaggi sono quelli che per vocazione naturale si prestano di più a far sparire grandi buste e borsoni, ricorrendo all’astuzia ci si può arrangiare con la stessa efficacia anche altrove. La complessità dei congegni immaginati dai vu-cumprà allo scopo è incredibile. Nelle viuzze che fanno da cornice alla Fontana di Trevi si esprime al meglio in una serie di nascondigli a scomparsa ancorati al muro. Sono pannelli rigidi, solitamente dello stesso colore dell’intonaco del palazzo su cui vengono fissati con catene e fascette. È lì dietro che gli abusivi imboscano la loro mercanzia. E se non si ispezionano con attenzione le pareti è veramente difficile scovarli.

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Noi ce ne accorgiamo perché, in via delle Muratte, a pochi minuti da un intervento della polizia locale, “pizzichiamo” un venditore di palline anti-stress proprio mentre recupera la merce. Ci sono poi luoghi altrettanto sicuri, come tombini, contatori dell’elettricità e dell’acqua, le serrande a nido d’ape dei negozi chiusi oppure alcune attività commerciali conniventi, ma anche, più semplicemente, dei cartoni. “Quando ci vedono arrivare scatta un tam tam di telefonate, si avvisano a vicenda e nascondono tutto, ovunque, anche in posti dove ci sono escrementi di animali o di topi”, spiega un agente di polizia locale che vuole rimanere anonimo. Non sempre, però, ci si riesce a mettere in salvo. Quali sono allora le eventuali conseguenze? Proprio di fronte alla fontana barocca più bella di Roma, un giovane bengalese ci spiega di lavorare da neppure un anno e di aver già collezionato tre contravvenzioni. Non può e non vuole pagare, così, pare si sia rivolto ad un avvocato ed abbia fatto ricorso.

Non tirerà fuori un euro neppure il senegalese che sta vendendo oggetti etnici: “Guadagno una decina di euro al giorno, non ho un soldo: come faccio a pagare?”. Insomma, scoraggiare questo esercito di abusivi a suon di multe è un’inutile perdita di tempo. Non a caso il giro di affari degli irregolari è arrivato a valere due miliardi e trecento milioni di euro. Questa sorta di impunità riguarda sia chi vende cianfrusaglie, e quindi commette un illecito amministrativo, sia chi commette un reato trattando articoli contraffatti. E gli agenti, costretti ogni giorno a ripartire dal via, sono parecchio frustati. È per questo che il nostro casco bianco invoca un cambio di passo. “Se le cose dovessero rimanere così si tratterebbe solo di uno spreco di carta e di tempo – dice – alla seconda segnalazione dovrebbe scattare il foglio di via perché queste persone vengono in Italia con il permesso di soggiorno riferito non certo al lavoro di venditori abusivi”. Insomma, secondo la nostra fonte, bisognerebbe inasprire le pene e approfondire i controlli perché qualcosa non quadra. “Chi c’è – si domanda – dietro al racket dei permessi di soggiorno?”.

IL GIORNALE.IT

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