Roma, ospedali invasi dai clochard: furti e degrado al Policlinico Umberto I
Pronto soccorso invasi da frotte di sbandati e senza fissa dimora. Succede ormai in quasi tutti gli ospedali italiani. Ma al Policlinico Umberto I di Roma quella dei clochard è diventata una vera e propria emergenza.
Già lo scorso gennaio ilGiornale.it aveva documentato come decine di senzatetto vagassero indisturbati tra i corridoi, le sale d’attesa e le gallerie sotterranee del nosocomio, spingendosi fin nelle stanze adibite al riposo dei medici. Sarà per la vicinanza con la Stazione Termini o per la vastità della struttura, che di notte resta accessibile a tutti, fatto sta che a distanza di quasi un anno, la situazione non è cambiata. Anzi, le segnalazioni di utenti e personale si moltiplicano sui social network, con foto e video che mostrano i senza fissa dimora che dormono nelle sale d’attesa riservate ai parenti dei malati (guarda il video). Luoghi che dovrebbero essere asettici e che invece possono trasformarsi in latrine, come mostrano le stesse immagini diffuse sul web.
“L’altro giorno uno di loro si è tirato giù i pantaloni davanti a me ed ha fatto pipì proprio all’interno di una delle sale”, ci racconta un’impiegata delle pulizie. “Spesso fanno i loro bisogni nello stesso luogo in cui si sistemano per dormire e la mattina dopo tocca a noi pulire tutto – si lamenta – per non parlare dei bagni, che sono sempre intasati”. “I turni che facciamo – prosegue – non bastano più per assicurare l’igiene”. Secondo una fonte che ha chiesto di restare anonima tra loro ci sono anche persone con patologie che scelgono di rifugiarsi all’interno della struttura proprio per sottoporsi gratuitamente alle cure dei sanitari. “C’è uno di loro che frequenta l’ospedale in questo periodo che ha le gambe praticamente in cancrena, lascia in giro brandelli di carne e pelle”, ci spiega. “Il problema è che le stesse sedie che di notte vengono trasformate in giacigli, e non solo, dai senzatetto – continua – vengono utilizzate dai parenti dei pazienti per sedersi”. “Ne deriva un rischio per i malati, connesso alla scarsa igiene e alla diffusione di malattie, che possono contagiare i degenti, che in alcuni casi sono immunodepressi e quindi più vulnerabili”, chiarisce.
C’è chi si sistema nella sala del pronto soccorso, chi nelle sale d’aspetto dei reparti, qualcun altro sotto i portici che collegano i diversi padiglioni. “Siamo romeni, veniamo a dormire qui perché non abbiamo un altro posto dove andare, ma alle cinque ci alziamo e ce ne andiamo”, ci assicura una di loro che incontriamo nel padiglione di clinica chirurgica. La donna ci dice di essere malata. “Ho una brutta influenza”, si lamenta. Ma non tutti sono gentili e disponibili. Un senzatetto italiano ci intima ad alta voce di andarcene non appena si accorge di noi. “Capita spesso che ci insultino o che ci sputino addosso se spostiamo i loro effetti personali per pulire”, ci racconta ancora l’impiegata. L’ospedale è enorme. Non importa che sia giorno o notte: chiunque può accedere liberamente al nosocomio. Accanto alla grande sala d’attesa del pronto soccorso c’è un uomo, visibilmente alterato dall’alcol, che si accende una sigaretta seduto sulle scale che portano al piano superiore dell’edificio, mentre poco distante campeggia un cartello che ricorda che il policlinico è un “ospedale senza fumo”.
Lungo i tunnel, i ballatoi e i corridoi che collegano i diversi edifici i controlli sono quasi assenti. “Ne servirebbero di più”, è quello che ripetono tutti. Anche perché all’interno non sono rari neppure i furti. “A volte capita di trovare gli armadietti del personale aperti e svuotati degli oggetti di valore come cellulari e portafogli”, spiega la dipendente, che punta il dito contro alcuni nomadi che si intrufolerebbero nelle stanze riservate ai dipendenti proprio per fare razzia. L’ultimo furto ai danni degli impiegati, secondo la donna, risale ad un mese fa. Ma spesso le vittime sono anche gli stessi pazienti. “C’è anche chi si intrufola all’interno dei reparti per rubare telefonini ed altri oggetti di valore a chi è ricoverato”, spiega la fonte del Giornale.it. “Non si tratta di rom, né di clochard – chiarisce – ma di persone insospettabili che lo fanno di mestiere”. Gli ospedali romani, insomma, sono diventati terra di nessuno. E a farne le spese sono lavoratori e malati.
IL GIORNALE.IT