Guerra sulla pace fiscale Slittano manovra e decreto
La Lega cercava il riscatto con il decreto fiscale. Ma lo scontro nel governo su alcuni temi, in particolare la pace fiscale, è ancora durissimo.
Ieri la trattativa è arrivata a un punto morto e l’avvio di tutta la sessione di bilancio potrebbe slittare. Al consiglio dei ministri di lunedì potrebbero non essere approvati come previsto il provvedimento d’urgenza sul fisco e la manovra, ma solo il documento programmatico di bilancio. Una sintesi del Def da inviare a Bruxelles. «L’accordo si trova», ha assicurato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti. Ma ieri le posizioni erano lontane. «Al momento nessun compromesso in vista», ammetteva una fonte governativa. L’ultima proposta prevedrebbe il restringimento all’omessa dichiarazione fino a fine 2013 (scoprendo gli ultimi 5 anni dalla sanatoria) e un tetto di 500mila euro per il maggior reddito.
La bozza sulla quale stanno lavorando i tenici del ministero dell’Economia contiene le misure annunciate nei giorni scorsi da esponenti leghisti e dallo stesso Salvini e anche qualche novità. In sintesi, saldo e stralcio dei debiti fino a mille euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010. Non più una chiusura delle cartelle con il pagamento del 40% ma annullamento automatico dei debiti di importo residuo di mille euro, cifra che deve comprendere anche interessi e sanzioni. Sono inclusi tutti i debiti con il fisco, non solo quelli tributari. L’ex Equitalia si occupa anche di ruoli di multe stradali e tasse locali come l’Ici, la tassa dei rifiuti e il bollo auto. Escluse solo le somme dovute per condanne della Corte dei Conti e per aiuti di stato. Tra le novità, la rottamazione per i debitori di dazi doganali e di Iva all’importazione e un allungamento dei tempi della nuova rottamazione rispetto a quelle precedenti. Si potrà effettuare il pagamento delle somme dovute in 5 anni con due rate semestrali. Chi rateizza dovrà pagare un tasso di interesse al 2%.
Entrate attese tra 10 e 11 miliardi di euro in 5 anni a seconda delle ipotesi. Poche vista l’entità della manovra (36,7 miliardi). Sugli 8,1 miliardi di nuove entrate la pace fiscale copre solo 2,3 miliardi. Per questo il governo sta pensando anche a una sanatoria dei contributi, in versione allargata, con la possibilità di sanare tutti i contributi non versati (non solo i buchi nelle carriere contributive dei lavoratori), pagando l’importo dovuto. Tutto da decidere, nonostante la trattativa serrata degli ultimi giorni.
Difficile fare quadrare i conti della manovra per il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Ieri il presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio ha ribadito di non credere alle stime di crescita inserite nel Def aggiornato. «Non sarei d’accordo» con il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che ha definito le stime di crescita del Pil prudenziali. La diversa valutazione è dovuta alle «informazioni attuali sull’andamento delle variabili internazionali e degli indicatori italiani». Le pressioni per modificare il Def sono sempre più forti. Anche ieri sono arrivate le bocciature di Fmi e Commissione Ue che si appresta a bocciare i conti italiani. Ma il premier Giuseppe Conte assicura che non ci saranno cambiamenti. La «manovra è stata elaborata, meditata, studiata, in tanti mesi e in tanti incontri. Potremo valutare qualche intervento ma è stata costruita in termini integrali, modificare qualcosa di significativo lo escluderei». Sempre che lo spread non vada oltre i livelli già alti toccati in questi giorni.
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