La Romania vota contro le unioni gay (e la sinistra di governo è favorevole)

La Treccani ne fa una questione linguistica. Oggi e domani, spiega l’Enciclopedia, la Romania vota sulla definizione di «famiglia» contenuta nella Costituzione: deve continuare a significare «matrimonio tra coniugi» oppure dev’essere trasformata in un più netto «matrimonio tra uomo e donna»? Il quesito che i 18 milioni di elettori si troveranno davanti è esattamente questo, ma è facile intuire che le conseguenze del voto non saranno solo glottologiche.

L’obiettivo della Coalizione per la Famiglia, il raggruppamento di Ong supportate dalla Chiesa ortodossa che ha proposto il referendum, è quello di vietare che, anche in futuro, possano essere legalizzate le unioni tra persone dello stesso sesso, che comunque già non sono previste dall’ordinamento giuridico romeno. Se vincessero i «sì», servirebbe una – lunga e laboriosa – modifica costituzionale per ammettere i matrimoni arcobaleno.

Bucarest decide di inaugurare così lo strumento di democrazia diretta: è la prima volta, infatti, dalla fine del regime di Nicolae Ceauescu nel 1989 che il Paese tiene un referendum di iniziativa popolare. La tendenza conservatrice della popolazione e la forte influenza della fede fanno pensare che la consultazione possa trovare il consenso dei cittadini. Anche perché la stragrande maggioranza dei partiti politici e dei parlamentari si è espressa a favore: Camera e Senato hanno dato il via libera nei mesi scorsi rispettivamente con 232 voti a favore e 22 contrari e 107 «sì» contro 13 «no». Senza contare che, per proporre il referendum, la Coalizione per la Famiglia, nata appena 3 anni fa, è riuscita a raccogliere 3 milioni di firme (500mila era il minimo richiesto). A favore della modifica della Costituzione è anche il Partito socialdemocratico, la formazione di centro-sinistra al governo. Tra i pochi contrari, invece, il presidente romeno, Klaus Iohannis, che tempo fa aveva dichiarato che «nessuno dovrebbe essere ripudiato perché è diverso». Le organizzazioni che si occupano di diritti umani hanno lanciato l’appello per boicottare il voto, ma il quorum necessario affinché il referendum sia ritenuto valido è appena del 30%. Secondo il sito Politico, volantini per il «sì» sono stati fatti circolare nei negozi di alimentari e distribuiti sui mezzi pubblici, tanto che ci sarebbero in corso accertamenti sull’eventuale violazione delle norme elettorali.

Gli oppositori politici sostengono che il governo abbia preso la palla al balzo, sfruttando il referendum per distogliere l’attenzione pubblica dal problema della corruzione dilagante nelle stanze del potere. Quest’estate l’esecutivo ha represso violentemente le proteste contro la corruzione e contro le modifiche al sistema giudiziario introdotte dal governo, tra cui il pensionamento di alcuni magistrati dopo l’avvio di indagini a carico, tra gli altri, del leader «dem» Liviu Dragnea, di diversi ministri e di molti funzionari pubblici. Solo pochi giorni fa il Parlamento Ue ha richiamato Bucarest al rispetto dello Stato di diritto e all’indipendenza della magistratura.

ILGIORNALE.IT

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