Un renziano vice del Csm e il M5s grida allo scandalo
Un vicepresidente del Csm votato solo dai togati, con i laici contrari o astenuti. Un vicepresidente sul quale non si è trovato un accordo e che vince con un minimo scarto, spaccando l’organo di autogoverno della magistratura.
È la prima volta sotto molti aspetti, a Palazzo de’ Marescialli. Dove viene eletto al terzo tentativo, con maggioranza relativa e i voti decisivi dei due capi della Cassazione, David Ermini. L’ex responsabile Giustizia del Pd ha 13 preferenze e 11 vanno ad Alberto Maria Benedetti, laico M5s, il preferito sulla piattaforma Rousseau.
Il governo non ci sta e un minuto dopo apre un conflitto istituzionale senza precedenti. «È incredibile! – attacca su Fb il vicepremier Luigi Di Maio – Questo renzianissimo deputato fiorentino del Pd è appena stato eletto presidente di fatto del Csm. Lo hanno votato magistrati di ruolo (in realtà sono fuori ruolo, ndr) e i membri espressi dal Parlamento. Dov’è l’indipendenza? Il Sistema è vivo e lotta contro di noi». I dem insorgono, appellandosi al ministro della Giustizia, ma proprio Antonio Bonafede ci mette il carico da 11: «All’interno del Csm, c’è una parte maggioritaria di magistrati che ha deciso di fare politica, di affidare la vicepresidenza del loro organo di autonomia ad un esponente di primo piano del Pd, unico politico eletto in questa legislatura tra i laici del Csm». La consiliatura parte male, quanto al delicato rapporto con il governo.
Appena eletto, Ermini assicura che intende «dismettere la casacca» politica, rispondere «solo a legge e Costituzione» e agire di concerto con il presidente della Repubblica e del Csm, Sergio Mattarella, che presiede il plenum. Ma la sua elezione sembra frutto di una guerra interna alla sinistra e al Pd e colpisce lo stravolgimento del tradizionale quadro di rapporti tra correnti e partiti. Il gioco si decide nello scontro tra, da una parte, il cartello di sinistra Area, alleato con Autonomia&Indipendenza di Piercamillo Davigo, grillini e leghisti e, dall’altra, le correnti di centro e moderate, Unicost e Magistratura indipendente (10 voti). Fi voleva Alessio Lanzi, inizialmente appoggiato da Mi perché giudicato con il profilo professionale più alto, ma screditato come avvocato di David Mills. Alla fine, sceglie di rimanere fuori con due schede bianche.
Insomma, una rivoluzione copernicana, che parla di dialogo tra sinistra Pd e M5s, in antitesi con la linea Renzi. Ora, per il governo il vicepresidente è il più politicizzato dei laici e per la maggioranza al Csm l’unico laico del Pd è il più lontano dai partiti, perché scelto solo da togati.
Raccontano, a Palazzo de’ Marescialli, che a far vincere Ermini sia stato anche il terrore di avere un «Conte2» alla guida del Csm. Troppe le somiglianze, a cominciare dai legami con Guido Alpa, maestro del premier. L’avvocato genovese Benedetti, classe 1971, associato di diritto privato all’Università di Genova, allievo del giurista Enzo Roppo, che fu legale della famiglia De Benedetti nella supercausa Cir contro Fininvest, avrebbe avuto incarichi dall’amministrazione dell’ex governatore dem della Liguria Claudio Burlando. Per gli avversari sarebbe vicino alla corrente dell’ex Guardasigilli Andrea Orlando, espressione di una scuola di diritto che dal Pci arriva al Pd. Consiglieri di Unicost avrebbero avvisato i colleghi di Area che appariva legato ad «altri interessi». Ma loro, stavolta, non hanno avuto problemi a votare con i laici di M5S e Lega.
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