Commenti: 0 I dubbi leghisti sulle minime a 780 euro
Roma – Non c’è pace per il welfare gialloverde. Un altro caposaldo delle proposte del M5S finisce sotto il tiro degli esperti della Lega.
Le «pensioni di cittadinanza», cioè l’aumento delle minime a 780 euro al mese, come il reddito di cittadinanza e anche il taglio delle pensioni d’oro, sono finite sotto il tiro degli esperti di previdenza.
Nei giorni scorsi la viceministra all’Economia Laura Castelli aveva difeso la misura definendola «la base attorno alla quale ruota l’intera manovra. Partiremo il primo gennaio con le pensioni di cittadinanza, portando le minime a 780 euro». Primo passo che porterà poi al reddito di cittadinanza vero e proprio. Costo complessivo 10 miliardi di euro.
Piccolo problema, ci sono intere categorie di lavoratori con carriere discontinue e contribuzioni povere che versano ogni mese la loro quota all’Inps, ma sono destinati a percepire trattamenti più bassi rispetto alla nuova pensione minima cara ai pentastellati.
Quindi, ha spiegato l’esperto di previdenza Alberto Brambilla vicino al leader della Lega Matteo Salvini, con un minima così alta rischiamo di «spaccare il sistema. Se io fossi un artigiano, un commerciante, un imprenditore, non verserei più, tanto se poi devo prendere 780 euro…», ha aggiunto Brambilla.
Giorni fa fu un altro esperto di pensioni, Giuliano Cazzola, a spiegare al Giornale che le pensioni di cittadinanza sono una «mina vagante». Basate su un’idea sbagliata, quella di utilizzare il taglio delle cosiddette pensioni d’oro per finanziare l’aumento delle minime. Due grandezze non comparabili, visto che il ricalcolo degli assegni sopra 4.000 euro darà circa 300 milioni e l’aumento delle minime assorbirà tutte le risorse che il M5S ha «prenotato» nella legge di Bilancio. Un impegno importante per il M5S, che continua a puntare anche sul reddito di cittadinanza vero e proprio. Il prossimo anno partirà solo la riforma dei centri per l’impiego, premessa per il sussidio universale. «Abbiamo calcolato che ci vogliono 3-4 mesi. Successivamente partirà il reddito di cittadinanza», ha spiegato Castelli.
L’idea è quindi di fare partire il sussidio a metà del 2019. L’impegno politico della Lega a non ostacolare il partito di Luigi Di Maio c’è.
«È nel contratto e si farà, se ne stanno occupando gli amici dei cinquestelle. L’importante è che non sia un reddito per stare a casa a guardare la televisione. Ma rispetto quello che c’è nel contratto, se mi sono impegnato a fare quello per rispetto degli italiani che hanno votato M5s quello mi impegno a fare», ha assicurato ieri il leader del Carroccio e vicepremier Matteo Salvini.
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