Quei “falchi” della Ue che bacchettano l’Italia e danneggiano l’Europa
Il copione si ripete inesorabilmente. C’è una minoranza che, con i suoi atteggiamenti autoritari, rischia di mettere in crisi l’Unione Europea.
E il paradosso è che questa minoranza fa parte della stessa Unione Europea. Sono i cosiddetti “falchi”, quei commissari il cui unico lavoro sembra quello di attaccare l’Italia o di salire in cattedra per impartire lezioni non richieste o peggio ancora per minacciare governi democraticamente eletti da un pulpito che non ha ricevuto alcun consenso popolare. Prima o poi a Bruxelles e Strasburgo qualcuno si renderà conto dei loro danni? Al momento sembra di no, mentre è indubbio che le critiche nell’ultimo periodo siano aumentate esponenzialmente.
L’ultima, in ordine di arrivo, è arrivata dalla bocca del commissario europeo agli Affari economici e monetari Pierre Moscovici. “L’Italia è un problema per la zona dell’euro”, ha sentenziato. Non contento poi ha rincarato la dose: “Nella nuova Europa sovranista non c’è un Hitler ma tanti piccoli Mussolini”.
Da un francese, si passa poi a un tedesco. Günter Oettinger, commissario europeo, ha più volte tuonato contro l’Italia. Prima ha sciorinato la sua particolare lezione finanziaria: “I mercati insegneranno (poi corretto dal giornalista che lo ha intervistato in “indurranno”) agli italiani a votare nella maniera giusta”. Poi ha minacciato: “Mettiamo in guardia Roma contro il mescolare questioni di politica migratoria con il Bilancio della Ue”. Ieri ha tuonato ancora: “Vogliamo che l’Italia rispetti il criterio del 3%. Per quanto riguarda il debito, il criterio è il 60%, condiviso da tutti i Paesi che hanno firmato per essere nell’euro. In Italia siete al 133%, non è più tollerabile, ritengo che il 120% debba essere il limite massimo. Chiaramente spetta a voi deciderlo, ma non è una buona idea passare al 140%, la responsabilità è vostra. La strategia del bilancio italiano è una strategia del governo e del Parlamento, ma penso che la vostra sia una strada sbagliata”. Infine Oettinger ha bacchettato l’Italia anche per quanto riguarda il settore dell’automotive: “Serve sfruttare la maggiore capacità produttiva italiana, nel vostro Paese avete la capacità di produrre 2 milioni di autovetture all’anno, ma ne fate 500 mila, non è colpa della Commissione europea. Cosa fate voi per portare la produzione automobilistica in Italia? Non è colpa dell’Europa se il cuore della produzione di automobili è passato da Torino a Detroit”.
Nella lista non può mancare il falco Jyrki Katainen, vicepresidente della Commissione europea, che nel maggio scorso avvertiva: “La Commissione, naturalmente, non vuole interferire nelle discussioni in corso attualmente sul governo in Italia, ma noi ci apettiamo di collaborare molto strettamente con un governo stabile, qualunque sia, la Commissione è guardiana dei trattati e deve essere sicura che tutti capiscano i loro impegni; e abbiamo tutte le ragioni di credere che l’Italia continuerà a rispettare i suoi impegni di bilancio ed econimici anche in futuro”.
Stesso pensiero espresso dal vice-presidente della Commissione, Valdis Dombrovskis: “Nell’approccio alla formazione del nuovo governo e nell’approccio alla stabilità finanziaria l’Italia deve mantenere la rotta degli ultimi anni riducendo gradualmente il deficit e il debito. La Commissione europea in linea di principio non interferisce con le politiche nazionali ma per noi è importante che il nuovo governo italiano conduca una politica di bilancio ragionevole”, perché “l’Italia ha il più alto debito pubblico nell’area dell’euro dopo la Grecia”.
Il commissario europeo per migrazioni, affari interni e cittadinanza, Dimitris Avramopoulos, si è “limitato” invece all’auspicio: “Speriamo che col nuovo governo in Italia non ci siano cambiamenti sulla linea della politica migratoria”. Naturalmente anche Juncker ha alzato il ditino. “Amo profondamente la bella Italia (lo ha detto in italiano, ndr), ma non accetterò più che ogni cosa che va male nel Mezzogiorno sia spiegato con il fatto che l’Ue o la Commissione europea non farebbero abbastanza. Gli italiani devono occuparsi delle regioni più povere dell’Italia: il che significa più lavoro, meno corruzione e serietà”. Prediche, moniti, istruzioni, minacce, ingerenze: ma sicuri che questi falchi vogliano il bene dell’Europa? Perché così facendo non fanno altro che alimentare una certa idiosincrasia degli elettori nei confronti di un’istituzione già piena di difetti.