Ma nel caso Margherita il partito fu considerato innocente e parte lesa
Roma – Il dibattito sul sequestro dei beni della Lega è aperto. Se per l’opposizione è facile attaccare Salvini per i suoi toni definiti «intimidatori», i leghisti fanno appello ad uno dei principi cardine del nostro diritto, secondo cui la responsabilità penale è personale, e si interrogano sul ragionamento che ha portato i giudici del riesame di Genova ad accogliere il ricorso della Procura.
«Una decisione paradossale», secondo il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. Per due motivi: «Principalmente perché è davvero un tentativo di processare la storia, imputando oggi al nostro partito responsabilità di altri. Poi è doppiamente paradossale caricare la sanzione su chi è evidentemente parte lesa nella vicenda». Allo stesso modo il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, ritiene «ingiusto sequestrare soldi versati da cittadini e militanti per eventuali colpe commesse in altre epoche da altri dirigenti». A questo punto nel dibattito trovano spazio anche facili parallelismi con una vicenda analoga che risale al 2012, quella dei 25 milioni di euro di fondi destinati al partito sottratti dall’ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, per il quale la Cassazione ha confermato una condanna a sette anni di reclusione. In quel caso il partito guidato da Francesco Rutelli venne considerato parte lesa e come tale si costituì in giudizio. Non gli venne sequestrato un centesimo, anzi all’imputato fu imposto di restituire il denaro sottratto. Il caso Lusi è stato rispolverato anche da Luca Telese su La7, durante la trasmissione In Onda, e approfondito poi su Facebook, dove il giornalista cerca di ragionare su quella che potrebbe apparire una disparità di trattamento, perché se è vero che il segretario del Pd e della Margherita non sapeva delle malefatte di Lusi, mentre Bossi e il suo tesoriere Belsito sono stati condannati, è anche vero che i militanti, che oggi sono colpiti dagli effetti del provvedimento, ne erano all’oscuro.
Dal punto di vista giudiziario in realtà le vicende sono diverse, perché per i giudici di Genova la Lega «ha direttamente percepito le somme qualificate in sentenza come profitto del reato». Anche l’avvocato Nicola Madia, che all’epoca rappresentò la Margherita in Tribunale e riuscì a dimostrare che Rutelli non sapeva, respinge la tesi dei due pesi e delle due misure: «La Lega ha consumato una truffa a vantaggio del partito, mentre Lusi a danno del partito». IL GIORNALE.IT