Roma, ex sede del Pd “occupata” da vu cumprà e bancarelle
Dall’ex sede del Pci di via dei Giubbonari sono passate tutte le icone della sinistra: Palmiro Togliatti, Giorgio Napolitano, Emanuele Macaluso, Achille Occhetto.
Persino Silvio Berlusconi, nel 2008, si affacciò in questo sancta sanctorum, ereditato nel frattempo dal Pd. Giusto il tempo di constatare la “tristezza” dei “comunisti”. Nessuno dei militanti presenti, infatti, volle stringergli la mano.
Oggi però, davanti alla sede, intitolata al partigiano Guido Rattoppatore, non si discute più di politica ma si tratta il prezzo di souvenir e bigiotteria (guarda il video). Abbandonati da quasi due anni, gli storici locali di via dei Giubbonari, sono ormai ostaggio di un esercito di vu cumprà. È iniziato tutto ad ottobre 2016 quando, sulla scia del caso affittopoli, la sezione è stata smantellata. E ai militanti del Pd non è restato che inscatolare i ricordi e andarsene. Oggi di Marx, Engels e del socialismo reale, agli animatori del suk importa ben poco. “Ho sentito che qui c’era qualcosa perché la gente ne parla, ma la storia non la so”, ammette un bengalese che da un anno e mezzo sbarca il lunario vendendo monili proprio davanti al portone della vecchia sede politica. Ma ormai il passato è passato. E poi, ci confida sornione, “almeno c’è più spazio per il banco”.
Non la pensano così gli ex militanti. “Abbiamo perso un luogo storico per rimpiazzarlo con un parcheggio per abusivi”, si lamenta Simone Efrati, dell’associazione commercianti di via dei Giubbonari. Per chi non condivide la nuova linea del partito guidato dal reggente Martina, le bottiglie di plastica vuote e le cartacce ammassate sui cornicioni delle finestre dove un tempo venivano affisse le pagine dell’Unità, sono lo specchio della crisi che attanaglia i dem. “Il Pd si è lasciato scappare troppo facilmente questo circolo”, accusa Efrati. “Un atteggiamento, questo – incalza il delegato dei commercianti – che racconta il crollo di un partito che ha perso la propria identità e le sue radici, e si è fatto scavalcare dal Movimento 5 Stelle, che oggi fa quello che all’epoca faceva il Pci, occupandosi degli operai e dando speranza al popolo che non arriva a fine mese”.
“Qui non si tratta più di destra o di sinistra, ma di preservare un luogo che fa parte della storia politica della nostra nazione”, spiega. Lo dimostra il contributo offerto dai commercianti della zona perché venisse per lo meno ripristinata la targa dedicata a Rattoppatore. L’aspettativa adesso è quella di riprendere possesso dei locali, creando al loro interno una sezione museo. Dal direttivo romano del Pd assicurano di monitorare la situazione. “La Corte dei Conti ha stabilito che la morosità non prevedeva alcun danno erariale”, si difende Marco Cappa, segretario del Pd nel primo municipio, a proposito delle cause dello sfratto: il mancato pagamento del regolare canone di affitto per 170 mila euro. “Ora abbiamo deciso di ripartire presentando un’istanza al Comune per poter tornare ad usufruire di questi locali”.
Nessun imbarazzo per il degrado che circonda la struttura: “È colpa dell’amministrazione Raggi che, non rendendo fruibili questi luoghi, fa sì che si verifichino situazioni come questa, di abbandono e illegalità”, replica l’esponente del Pd. E rintuzza le voci critiche dei “dissidenti”: “Ma quale declino? Qui nel centro abbiamo oltre mille iscritti e il 4 marzo con Gentiloni e la Bonino abbiamo vinto le elezioni”. La sinistra arroccata nei palazzi della Grande Bellezza, ora è pronta a ripartire.