Con il voto addio al limite del secondo mandato
Il jolly, per il momento, resta nascosto nel mazzo dei Cinque Stelle. Ma al «piano B», nel caso Matteo Salvini voglia staccare la spina al governo gialloverde per accaparrarsi tutto il centrodestra, ci pensano anche dalle parti dei pentastellati.
Nell’eventualità di un improvviso «big bang» elettorale, minacciato sotto straccia dal Carroccio, consigliato al M5s dal direttore del Fatto Marco Travaglio, tornerebbe sul tavolo di Luigi Di Maio uno dei dossier più imbarazzanti: quello del limite dei due mandati.
L’argomento era tornato di moda nella scorsa primavera, durante l’interminabile stallo che ha portato poi alla formazione dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte. Quando la strada delle elezioni anticipate sembrava scontata, Grillo, Casaleggio e il capo politico avevano già pronta una deroga per chi aveva fatto i «fatidici» due mandati in Parlamento. Ovvero la gran parte dei big, a partire proprio dall’attuale vicepremier grillino e da quasi tutta la squadra ministeriale «gialla». In quel caso la scusa era: «L’attività del Parlamento non è partita, quindi la diciassettesima legislatura non conta come mandato aggiuntivo». Ma non solo. Proprio un anno fa, durante la festa del Fatto Quotidiano alla Versiliana, era stato Alessandro Di Battista a indicare la strada. «Secondo me non succederà – diceva Dibba a Peter Gomez – ma qualora dovesse succedere faremo una valutazione e troveremo una soluzione alternativa. Per me il massimo che devi stare sono dieci anni all’interno delle istituzioni, due mandati completi». E l’exit strategy indicata da Di Battista potrebbe essere pronta per l’uso nell’evenienza di urne anticipate. Lo stop per chi ha fatto più di due mandati nelle Istituzioni non coinvolgerebbe soltanto le carriere politiche dei pezzi grossi di Montecitorio e Palazzo Madama. Ma pure molti sindaci, già consiglieri comunali di opposizione. Non Virginia Raggi, intenzionata a mollare l’osso dopo l’avventura in Campidoglio, forse Chiara Appendino, un volto che i vertici non vorrebbero perdere per strada. E molti grillini sparsi per comuni e regioni di tutta Italia, desiderosi di compiere il grande salto verso la politica che conta.
Dal Movimento le voci sono contrastanti. Si ripete che «la regola dei due mandati è fondativa del M5s, non si discute». Però, allo stesso tempo, sarebbe difficile immaginare una truppa pentastellata senza Luigi Di Maio. Quindi si potrebbe ricorrere a delle deroghe ad hoc. È proprio un parlamentare stellato ad ammetterlo: «Gente come Di Maio, Di Battista e altri big, sono dei fuoriclasse che non possiamo permetterci di perdere. Complicato ipotizzare un Movimento senza queste figure, Di Maio è un grandissimo talento della politica».
Impossibile, dunque, che il capo politico resti tale e non possa essere eletto nel prossimo Parlamento. Nel frattempo, complici le accelerate di Salvini verso un nuovo partito che nelle sue intenzioni dovrebbe inglobare il centrodestra, il dibattito sulla regola dei due mandati torna d’attualità su alcuni canali social dei Cinque Stelle. E segna il cambiamento di mentalità della nuova «base» grillina.
Se gli attivisti storici non transigono sull’ennesima mutazione genetica dei principi originari, molti elettori che hanno sostenuto il M5s alle ultime elezioni politiche non ci stanno a perdere il leader Di Maio. E con lui tutti i beniamini del governo gialloverde. IL GIORNALE.IT