Di Battista: ‘Il Pd è un partito morto, sostengo questo Governo con la Lega’

“Il Pd non si è neanche posto il problema di porsi al tavolo” con il M5S per formare un governo. “Io dico, ‘Grazie a Dio’, perché il Pd è un partito morto“.

Così Alessandro Di Battista intervenendo in collegamento dal Guatemala sul palco de La Confessione di Peter Gomez durante la festa de Il Fatto Quotidiano al parco della Versiliana di Marina di Pietrasanta (Lucca).

L’ex deputato 5Stelle ha affermato che sostiene “questo Governo con la Lega, anche perché se riandavamo al voto riprendevamo gli stessi voti con questa legge elettorale. Non c’era alternativa”.

Di Battista ha poi affrontato la questione della revoca della concessione ad Autostrade, la società controllata dalla famiglia Benetton che gestisce metà della rete autostradale italiana tra cui il ponte crollato a Genova:

“La voglia di cambiare le cose, da parte della Lega, si vedrà sulla revoca della concessione ad Autostrade. Quello sarà un momento storico,” ha detto Di Battista, che ha aggiunto:

“Ho sentito Giorgetti dire ‘vediamo’, ma il Movimento 5 stelle non arretra. Noi pensiamo che le autostrade debbano essere gestite dallo Stato. Vedremo se è una Lega maroniana nascosta sotto il volto di Salvini”.

L’esponente pentastellato ha anche parlato del caso della nave Diciotti: “Salvini si gioca la sua partita e la stampa lo attacca. Salvini lo vedete come si atteggia, dice `Processatemi´, dice che rischia 20 anni di galera… Ma cosa rischia? Non rischia nulla”.

Sempre sull’immigrazione, Di Battista ha spiegato: “Per il M5S l’Africa non vuole accoglienza, non vuole passerelle… Questa è la battaglia del M5S ed è una battaglia diversa nelle modalità e nei toni dalla Lega”.

Quanto a Tap e Tav, l’ex parlamentare ha detto che le posizioni del M5S non si sono ammorbidite, ma che “è evidente che quando uno fa campagna elettorale parla solo del proprio movimento, ma purtroppo non siamo al governo da soli, per cui bisognava fare per forza questo contratto. Ma è compito e dovere di una forza del 32% convincere il socio di minoranza”.

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