Diciotti, il pm crea nuovi reati e chiede soccorso ai migranti
Anche il procuratore capo di Agrigento si è reso conto che l’impianto accusatorio contro il ministro dell’Interno Matteo Salvini non era solidissimo.
Sulla nave Diciotti non vi è stato alcun arresto illegale (non esistono ordini di arresto né disposizioni in tal senso) o sequestro di persona (impedire l’ingresso in Italia a chi non ha un visto regolare significa far rispettare le leggi). E allora il pm Luigi Patronaggio ha pensato di tirar fuori un coniglio dal cilindro, aggiungendo nuove ipotesi di reato a carico di Salvini. La sua perseveranza nel raggiungere l’obiettivo appare encomiabile ma allo stesso tempo dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, che non è l’obbligatorietà dell’azione penale a spingere i suoi passi. D’altronde, non sono una novità le inchieste politico-giudiziarie, è da più di vent’anni che colorano la vita pubblica italiana.
Che cosa si è inventato questa volta il magistrato agrigentino? «Il sequestro di persona a scopo di coazione» cioè costringere qualcuno (persona, Stato, organizzazione) a compiere un atto contro la sua volontà. In questo caso, Salvini si sarebbe servito di presunti ostaggi (dei migranti illegali senza alcun diritto di entrare in Italia) per ricattare l’Unione europea e costringerla a ridistribuire gli immigrati. Un’ipotesi di reato assai più grave, che in caso di condanna prevede una reclusione di 25-30 anni rispetto ai 10 del semplice sequestro di persona. A questo si aggiunge un altro presunto reato, l’omissione di atti d’ufficio, perché il Viminale non ha risposto alle richieste della Guardia costiera sul porto di sbarco. Alla fine, i capi d’accusa sono diventati cinque. Magari nel mare dei reati i magistrati qualcosa riusciranno a pescare.
Ma Patronaggio non si è fermato qui. Sembra quasi colpito dall’ossessione di dover punire a tutti costi il ministro dell’Interno. La procura di Agrigento, infatti, ha disposto l’identificazione di tutti i migranti a bordo della nave Diciotti. Atto dovuto per indagare se c’erano scafisti fra di loro e se avevano subito violenze? Tutt’altro. L’iniziativa è finalizzata a colpire sempre Salvini e il suo capo di gabinetto, Matteo Piantedosi. Un’azione che serve esclusivamente ai migranti (illegali) per avere una tutela, perché la procura li considera «parti offese». Questo, con ogni probabilità, li spingerà a costituirsi parte civile contro il ministro dell’Interno. Le associazioni per la tutela dei migranti e Legambiente si sono già fatte avanti. Ma ci sarà spazio per tutto il mondo buonista e politicamente corretto. È un’occasione troppo ghiotta per colpire «l’uomo nero».
«Ho scoperto che ci sono altri due capi di imputazione. Per me sono medaglie», ha detto Salvini dopo aver saputo delle ulteriori accuse. «Apprendo che esiste un nuovo reato, il ricatto all’Unione europea, non sapevo che esistesse ha aggiunto con ironia -. Stanno modificando il codice penale per il ministro dell’Interno. Bene, rivendico di aver ricattato l’Unione europea». Il ministro ha poi voluto spiegare l’accordo raggiunto con i vescovi sui migranti sbarcati a Catania. «La Cei l’ho chiamata io, non è che si siano chiamati da soli. Irlanda, Albania e vescovi sono stati contattati da noi. L’Europa per l’ennesima volta si è girata dall’altra parte e ha fatto finta di niente». «Ci siamo rivolti fuori dall’Europa, con l’Albania, e abbiamo chiamato anche altri Paesi che potranno essere utili nei prossimi eventuali, spero di no, sbarchi. Abbiamo chiamato la Chiesa cattolica perché a parole proclama accoglienza e generosità. Ora si è fatta anche economicamente carico di queste persone». IL GIORNALE.IT