Flat Tax e misure ridotte. Quei dossier dimenticati per far quadrare i conti
L’ appuntamento con la legge di bilancio si complica di giorno in giorno. Non basterà la mini retromarcia della Lega che ieri ha ridimensionato la portata delle critiche al taglio delle pensioni d’oro targato M5S.
I fronti aperti tra i due partiti della maggioranza sono tanti. A rendere molto complicato il raggiungimento di un compromesso tra i pentastellati e la Lega di Matteo Salvini ci sono le ristrettezze di bilancio e i limiti degli impegni con l’Unione europea. Che il ministro dell’Economia Giovanni Tria non intende mettere in discussione. Perlomeno non nel modo e nella misura che vorrebbe la maggioranza.
Ieri il vicepremier Luigi Di Maio ha assicurato di non essere «in contrapposizione» con il ministro economico. «Questo governo ha piena fiducia nel presidente del Consiglio Giuseppe Conte che coordina la linea economica del governo e nel ministro dell’Economia Giovanni Tria che porta avanti la linea economica del governo perché questa linea è dentro il Contratto e sia Conte che Tria portano avanti la linea economica del Contratto».
Nessun cenno al limite del deficit al 3% che lo stesso Di Maio si era detto disposto a sforare e che invece Tria intende rispettare.
Il responsabile del dicastero di via XX settembre è a buon punto nella trattativa con Bruxelles. Dei 20 miliardi di correzione del deficit richiesti, la Commissione sarebbe disposta ad abbonarne la metà. Tria punta a ottenere altri 4 miliardi, in modo da potere evitare di coprire la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, quindi l’aumento dell’Iva, che costa 14,5 miliardi.
Tutto il resto va coperto. Nei giorni scorsi sono filtrate dal governo delle riforme che riprendono i temi del contratto di governo, ma in versione depotenziata rispetto alle intenzioni. Ieri Di Maio ha fatto capire di non volere fare passi indietro sulle pensioni d’oro. Se i pentastellati si irrigidiranno anche sugli altri temi, i conti della manovra non potranno reggere.
Tra le misure che stanno scomparendo dai radar del governo, c’è il cavallo di battaglia leghista della flat tax. Trasformata prima in dual tax, cioè in un sistema a due aliquote, e poi in una estensione del regime fiscale agevolato per alcune partite Iva. Una aliquota unica al 15% per professionisti fino a 100mila euro lordi esteso a tutte le partite Iva e non solo ad alcuni settori come nel sistema in vigore oggi. Sistema comunque complesso che potrebbe non portare benefici nemmeno alla platea ristretta alla quale si rivolge.
Ieri il governatore della Liguria, Giovanni Toti, è entrato a gamba tesa sul tema proponendo di «dirottare tutte le risorse possibili su un gigantesco piano di investimenti e cantiere che risani le nostre infrastrutture obsolete. Anche a costo di sacrificare provvedimenti bandiera forse più popolari come reddito di cittadinanza e flat tax».
Proposta speculare a quella di Di Maio, che invece ha chiesto di sacrificare tutto alle misure più rappresentative del contratto di governo.
Logiche politiche che si scontrano con la realtà dei numeri. «Il governo gialloverde è diviso su tutto. Dopo i ripetuti annunci di Di Maio, gli italiani resteranno a bocca asciutta e capiranno finalmente il bluff di questo esecutivo. Tante chiacchiere, ma zero fatti concreti», ha commentato Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati.
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