Autostrade non farà molta manutenzione però investe cinque volte più dell’Anas
Mentre il governo insiste determinato con la procedura di revoca della concessione nei confronti di Autostrade per l’Italia, di pari passo si fa sempre più concreta la prospettiva che a subentrare nella gestione della rete sia l’Anas.
Il 1° settembre scadono i termini a disposizione del concessionario per replicare con controdeduzioni alla lettera con cui il ministero dei Trasporti ha accusato Autostrade di «gravi inadempienze» per il crollo del ponte Morandi, sulla base delle quali vuole ottenere la decadenza della convenzione senza versare alcun indennizzo miliardario alla società. La difesa della concessionaria punterà anche sui numeri. Come quelli dei costi sostenuti per manutenzione di strade, ponti, viadotti e cavalcavia sui 3mila chilometri della rete di sua competenza. Ed è qui che emerge il divario tra quanto investe lo Stato, che nelle intenzioni dell’esecutivo presto potrebbe farsi carico dell’intera rete, e quanto invece investe il privato nello stesso capitolo. Il rapporto è di uno a cinque, secondo l’analisi di Aiscat, l’Associazione che raggruppa tutte i concessionari autostradali: gli investimenti che Autostrade per l’Italia ogni anno destina alla manutenzione sono stati il 468% di quelli di Anas sui suoi 66mila chilometri. Ciò significa che a fronte dei 108mila euro al chilometro spesi in media ogni anno sull’intera rete, negli ultimi anni fino al 2016, quando il nuovo contratto di programma di Anas ha rafforzato la manutenzione triplicando gli stanziamenti con undici miliardi di euro, quelli pubblici erano scesi fino a 23mila euro al chilometro sulle strade statali, disseminate di cavalcavia e ponti.
La società concessionaria punterà sul fatto che dal 2013 al 2017 i costi di manutenzione nella Direzione di Tronco di Genova sono stati in media di 130mila euro all’anno per chilometro, circa il 20% in più della media sul resto della rete di autostrade. Eppure il Morandi è venuto giù. Ma negli ultimi anni sono crollati anche ponti o pezzi di viadotti gestiti direttamente dall’Anas, eventi sui quali indaga la magistratura. Come quello del 2015, a seguito di una frana, del viadotto Himera lungo la Palermo-Catania: la ricostruzione doveva essere completata nel 2018, invece a tre anni dal disastro, i lavori sono appena stati aggiudicati e termineranno tra due.
Senza contare che gli investimenti in manutenzione delle strade gestite direttamente dalle Province segnalano una situazione allarmante: 2.307 euro per chilometro. E si tratta di 130 mila chilometri con almeno 30mila tra ponti, viadotti e gallerie. Soldi ovviamente insufficienti secondo il presidente dell’Unione delle province Achille Variati, che hanno costretto a chiudere «per frane, smottamenti o perché insicuri oltre 5.000 chilometri di strade, compresi ponti e viadotti» e a «fissare il limite di velocità tra i 30 e 50 chilometri orari su oltre il 50% della rete».
Per colmare il deficit accumulato negli anni precedenti, tra il 2016 e il 2017 Anas ha avviato un piano di manutenzione straordinaria da 1,2 miliardi, e per il 2018 da 600 milioni, «tre volte la spesa degli anni precedenti».