Boldrini, perché a Genova no e a Catania sì?
Dispiace assistere al modo di fare politica di Laura Boldrini.
Non tanto per lei, quanto perché discende, come figlia genitoriale, da Arrigo Boldrini. Per chi non fosse informato, Arrigo Boldrini è stato tra i dirigenti più prestigiosi del PCI. Prima ancora è stato partigiano con il nome di battaglia Bulow e partecipò da protagonista agli eventi principali della Resistenza. In tutta la sua carriera politica ha manifestato sempre una grande coerenza e mai ha assunto atteggiamenti teatrali.
La figlia evidentemente non ha ricevuto in dono dal padre anche la figliolanza politica.
Infatti la teatralità è la cifra della sua attività politica.
Per lei viene prima la forma e poi la sostanza, mentre per il padre era il contrario: atti politici veri, poche chiacchiere e zero comparsate mediatiche. Un uomo davvero tutto d’un pezzo.
Alla figlia non riesce invece neanche di far bene le comparsate mediatiche estive.
Poteva, da ex Presidente Della Camera, non andare a Genova dove è crollato il Ponte Morandi lasciando sepolte sotto 43 persone e senza casa oltre 600, scampate alla stessa morte degli altri perché, solo per miracolo, la campata iniziale del ponte non è rovinata sulle abitazioni sottostanti, tuttora sinistramente pericolante sopra di esse?
Ebbene, purtroppo non ha avuto questa sensibilità umana, prima ancora che istituzionale, prima ancora che politica.
Laddove era indispensabile, in senso istituzionale (fino a pochi mesi fa era Presidente della Camera dei Deputati), politico (oggi tra i maggiori dirigenti di LeU) e umano, la sua presenza, ha marcato la sua assenza.
Forse aveva previsto che non sarebbe stata notata.
Penso che avesse ragione, in considerazione della sua attuale insignificanza politica, posto che prima avesse significato qualcosa di politicamente serio.
Ma ha pensato bene – dal suo punto di vista e cioè della teatralità della politica applicata agli eventi – che non poteva mancare al molo del porto di Catania, dove, evidentemente, nella Diciotti, ha persone che gli stanno più a cuore di quelle di Genova.
Ora è riuscita perfettamente nella geniale mossa politica di far notare non tanto la sua presenza a Catania, che di per sé non avrebbe notato nessuno, quanto la sua assenza a Genova ai funerali delle persone morte sotto il crollo del Ponte Morandi. Crollo che sarebbe stato compito evitare da parte di chi ha le redini dell’azienda cui è stata confermata la concessione dal governo espressione della maggioranza che la ha eletta alla presidenza della Camera dei Deputati.
E qui non può venire alla mente il vecchio adagio popolare – terminologia che farà venire l’orticaria alla ex presidente, ma carissima al padre – di coloro che ‘andarono a suonare e furono suonati’.
E sì, perché l’intenzione della nostra geniale politica, de sinistra patinata, era di andarle a suonarle a Di Maio e a Salvini a Catania, ma non ha calcolato – da imprevidente (come dicono a Roma… ‘me so scordata’) – che Di Maio non è il tipo che fa politica in maniera superficiale e che ha buona memoria.
E, purtroppo per lei, le ha ricordato la sua inescusabile dimenticanza.
E così fu dolorosamente suonata.
Questo capita a chi fa della politica attività teatrale, anziché impegno serio e faticoso a costruire con la testa e con il cuore contenuti seri da presentare con credibilità e coerenza al corpo elettorale.
Evidente si è scordata anche questa lezione del padre.