Genova, parla l’ingegnere: “I ponti in calcestruzzo crolleranno tutti, la manutenzione non serve”

Il crollo del ponte Morandi dimostra una cosa: la cultura serve, senza competenze non si costruisce e nemmeno si è in grado di valutare quanto è stato costruito. Tutti si riempiono la bocca della parola magica «manutenzione». Si chiedono: è stata fatta la manutenzione ordinaria o straordinaria? Senza sapere di cosa si tratta. Qui non c’ è manutenzione che tenga. Vediamo perché.

“Il ponte Morandi è crollato perché era un assurdo strutturale. Alla base della progettazione c’ era un errore di filosofia strutturale che ha portato a costruire in modo sbagliato: in calcestruzzo. Il ponte di Brooklyn è in metallo. La Torre Eiffel in metallo. Sono stati costruiti a fine Ottocento e sono ancora in piedi”. È perentorio l’ ingegnere B., esperto nella progettazione di ponti in acciaio. Ma non vuole esporsi, chiede a Libero di rimanere anonimo, perché il governo dovrà affidarsi a degli esperti.

Di Maio non si è ancora accorto che il governo è socio di Autostrade per l’ Italia, la società controllata dai Benetton per il 30,2%, attraverso Cassa Depositi e Prestiti. Dovranno assumere degli esperti in comune. Il timore è che questi daranno un colpo al cerchio e uno alla botte per salvare la baracca. Ma così non si tiene su un ponte, gli altri ponti fatti negli anni ’60, quando i ponti si facevano preferibilmente in cemento perché il ferro costava molto, 100 lire il chilo, e l’ America drenava gran parte dei metalli.

Qual è l’ errore strutturale?
«L’ acciaio resiste a trazione, è il materiale principe per resistere a trazione, mentre il calcestruzzo resiste solo a compressione. Significa che fai lavorare a trazione un materiale che non ha questa vocazione. I tiranti costruiti in calcestruzzo contengono cavi in precompresso. Sì, un ponte lo fai star su, ma quanto dura? Contravviene a tutti i codici di sicurezza. Sarà soggetto a terremoti, forza del vento. Quelli degli anni ’60 crolleranno tutti”.

Che accade ai ponti costruiti in precompresso?
«Con gli anni, i cavi all’ interno dei piloni in calcestruzzo si rilassano. Si chiamano trefoli e sono fatti di fili di ferro intrecciati. Quando si verificano microfratture nel calcestruzzo, non solo a causa del traffico di mezzi pesanti, aumentato del 300% dagli anni ’60, ma anche a causa della corrosione del sale del clima marino, s’ innesca un’ ossidazione che rompe i singoli fili, a catena si spezzano gli altri e il pilone collassa».

Di chi è la responsabilità?
«Leggo tante dichiarazioni dei politici che sostengono che bisogna far pagare i responsabili. In questi casi concorrono una serie di circostanze: il progetto può esser stato fatto bene e realizzato male o viceversa, il monitoraggio non eseguito o comunque non sufficiente. Il nostro è un mestiere delicato. Innanzitutto dobbiamo seppellire queste povere vittime. Dopodiché il governo deve fare una profonda meditazione su come si progettano e si controllano i ponti».

C’ è un problema nelle gare d’ appalto?
«Nelle gare d’ appalto i progetti esecutivi non si possono variare, solo migliorare a parità di prezzo. Nelle ultime gare preliminari non è valutato il merito tecnico, ma solo il sistema di monitoraggio, che dovrebbe essere una conseguenza ovvia. Il che significa: se fai un ponte male, lo puoi solo controllare con i sensori. Ma un ponte in calcestruzzo non si può controllare completamente nemmeno con i sensori. Come dire che non ha senso. Controlli quanta farina un celiaco mangia, quando non può mangiare farina? Un ponte in calcestruzzo è come un cuore malato: bisogna sostituirlo, buttarlo giù. Invece si preferisce fare la manutenzione sul vecchio, che alla fine costa pure di più, affiancando agli stralli dei cavi di acciaio».

Cosa suggerisce?
«Andrebbe cambiato il codice degli appalti, voluto dal governo di centrosinistra, che prevede a base di gara i progetti esecutivi non modificabili. Le ultime gare preliminari delineano solo il sistema di monitoraggio dei ponti: non valutano il merito tecnico, ma solo il monitoraggio. Costruire bene non serve».

Si stanno costruendo ancora ponti in precompresso?
«Purtroppo sì. E questa tragedia dimostra che fra 40 anni ne vedremo le conseguenze. Il rilassamento dei cavi è inevitabile: non si può controllare nemmeno con i sensori. Semmai bisogna controllare che i ponti siano progettati e fatti bene. I ponti in acciaio sono leggeri, trasparenti, il comportamento si vede subito. E richiedono la metà del tempo di realizzazione rispetto a quelli in calcestruzzo».

Sulla A4 si stanno costruendo alcuni ponti in calcestruzzo: la nostra eredità ai nostri figli.

 

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.