I dem fanno quadrato su Delrio: “È un galantuomo”
Roma – «Adesso basta». Il Pd cerca di reagire alla gragnuola di colpi bassi arrivati da una maggioranza alla frenetica ricerca di capri espiatori da dare in pasto alla pubblica opinione, e lancia la sua parola d’ordine.
Matteo Renzi difende l’ex ministro dei Trasporti Delrio, «un galantuomo» che è stato «ingiustamente accusato, con metodo infame». Chiede che il Parlamento interrompa le ferie e che il successore di Delrio, Toninelli (che per ora «è sparito, commissariato da un Di Maio tutte le sere in tv») venga a «riferire in Aula». E «abbia il coraggio» di spiegare finalmente «se il governo è favorevole o no alla Gronda», sfida l’ex premier, ben sapendo che Lega e grillini sono su sponde opposte sul tema, e che l’attivismo sul fronte No Gronda, che definiva «una favoletta» il rischio di crollo del ponte Morandi, è un punto dolente per i Cinque Stelle e per lo stesso Beppe Grillo.
Renzi ribatte «punto per punto, colpo su colpo» ad accuse e insulti di questi giorni, a cominciare da quella lanciata da Di Maio su presunti finanziamenti dei Benetton al Pd: «Vedendo le carte scopriamo che io non ho preso un centesimo né per la Leopolda, né per le nostre campagne elettorali. E ciò significa che Di Maio è un bugiardo. E uno sciacallo. Ma come se non bastasse si scopre che Società Autostrade ha finanziato la Lega e che il Premier Conte è stato legale di Aiscat, la società dei concessionari di autostrada. Quindi se Di Maio vuole sapere chi prendeva soldi dal sistema autostradale lo deve chiedere al prossimo Consiglio dei ministri, non a noi». Quanto all’accusa al suo governo di aver prorogato la concessione alla società dei Benetton, l’ex premier ricorda che nel 2017, «dopo un confronto con la Commissione Ue», si decise di allungarla di quattro anni ad una condizione precisa: «Prorogare la concessione è stata una scelta del governo per avere subito l’opera pubblica che avrebbe decongestionato il traffico a Genova» ossia la Gronda.
«Adesso basta», dice anche il segretario Pd Maurizio Martina. «Ora servirebbero unità e responsabilità. Non propaganda e falsità. I ministri che scambiano il governo per un social network fanno male all’Italia». Matteo Orfini chiama in causa la «potente macchina del fango» dei partiti di maggioranza, che sui social media – accusa – e tramite pagine non ufficiali «creano, amplificano, rilanciano notizie false e accuse violentissime» contro gli avversari politici. E il presidente Pd, suscitando le ire di Lega e Cinque Stelle, chiede ai militanti di segnalare e denunciare gli «abusi» e le «fake news».
Ma c’è di più e di peggio: nel Pd (come del resto in Forza Italia) sono in molti a chiedere alla Consob di verificare cosa sia successo attorno al titolo di Autostrade nel corso del tira e molla governativo su revoca sì – revoca no: «Un balletto molto strano, che sicuramente richiamerà l’attenzione della Consob», dice Renzi. Il deputato dem Michele Anzaldi è più brutale: «Si apra un’istruttoria sul colpo gobbo di Ferragosto ad opera del presidente del Consiglio Conte, dei vicepresidenti del Consiglio Di Maio e Salvini, del ministro Toninelli. Si indaghi su manipolazione del mercato e aggiotaggio». IL GIORNALE.IT