Ponte Morandi, “dalla tragedia di Genova al piano Savona”: l’indiscrezione devastante, una bomba sull’euro
La tragedia del ponte Morandi di Genova è diventata, dopo le prime ore di sgomento e lacrime, un argomento politico. Di più, un arma in mano agli euroscettici dentro al governo per menare colpi durissimi alle regole dell’austerità e ai vincoli sugli investimenti pubblici imposti dall’Unione europea. La sciagura di Genova, in realtà, è un pretesto dal momento che il vero punto critico è il patto di stabilità che blocca le risorse dei Comuni, e non è il caso di una infrastruttura data in concessione ai privati (i Benetton). Ma il discorso è valido in generale, e secondo il Fatto quotidiano da ieri il “partito dei falchi” è decisamente più forte.
Non solo, si starebbe già rispolverando il “piano Savona”, 50 miliardi di euro di investimenti prudentemente accantonato dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, per paura di non far sballare i conti. E se i conti sballassero, tornerebbe d’attualità “l’altro” piano Savona, il presunto dossier che preparerebbe l’Italia all’eventualità di una crisi finanziaria internazionale e all’uscita dall’euro. Tema caldissimo, visto che solo domenica scorsa il sottosegretario Giancarlo Giorgettiaveva rivelato a Libero i timori per un attacco finanziario imminente, tra spread, Borsa, titoli di Stato e downgrade del rating italiano. Un “golpe” stile 2011 che avrebbe conseguenze difficilmente prevedibili.
Un durissimo colpo per Tria, separato in casa nell’esecutivo e pressatissimo da Matteo Salvini e dalla Lega proprio su risorse, investimenti, debito e sforamento del tetto Ue. L’accordo raggiunto domenica, dopo il confronto telefonico del premier Giuseppe Conte con i suoi due vice, sembra già scricchiolare. “C’è da mettere in sicurezza buona parte dell’Italia – puntualizzava dopo il disastro Salvini -: se ci sono vincoli esterni che ci impediscono di spendere i soldi che avremo per mettere in sicurezza le scuole e le autostrade, sarà il caso di porsi il dubbio se continuare a rispettarli”. Parole ribadite, con ancora maggior durezza, dai due esponenti più fieramente anti-Ue della Lega, Claudio Borghi e Alberto Bagnai. E non è un caso che Tria sia stato “costretto” a piegarsi, assicurando il suo via libera al piano Savona: “Gli investimenti pubblici in infrastrutture sono una priorità dell’attuale governo per i quali non ci saranno vincoli di bilancio, come è una priorità il superamento dell’incapacità di spesa e di intervento”.