Il bimbo, l’anziana e l’autista Le vite sepolte dalle macerie
Se è possibile ridurre una tragedia in numeri – morti, feriti, dispersi – un bilancio finale potrà essere fatto soltanto oggi, nella migliore delle ipotesi.
I soccorritori hanno continuato a scavare per tutta la notte sotto la luce delle torri-faro seguendo i lamenti disperati di chi è rimasto sepolto dalle macerie, tonnellate di cemento armato che hanno soffocato vite, spezzato famiglie, aperto ferite difficili da rimarginare sui corpi e nelle anime.
Estrarre vittime e sopravvissuti significa anche estrarre pezzi di storie, quelle che da ieri mattina, lentamente, tornano a galla da quel pozzo di morte profondo novanta metri. Tragiche, commoventi, fortunate nella sfortuna, oppure sfortunate e basta. Un segmento di Italia minuscolo eppure rappresentativo. C’era la famiglia che stava andando in vacanza, padre, madre e figlio di 9 anni: sono morti tutti. Nella loro auto precipitata dal ponte i soccorritori hanno trovato valigie e ombrelloni. Il piccolo dovrebbe essere (si spera) l’unico minore coinvolto, al momento non ne risultano altri nemmeno tra i feriti.
Le loro salme, come quelle delle altre vittime sono state portate in un padiglione dell’ospedale San Martino per le procedure di identificazione. C’erano anche quelle di due operai dell’Amiu, la ditta che si occupa della raccolta dei rifiuti in città, che si trovavano nel deposito di Rialzo e che sono stati investiti da uno dei piloni collassati. In tutto i morti accertati sono una ventina, ma considerando che sul ponte Morandi c’erano circa trenta veicoli e tre tir si stima che potrebbero arrivare almeno fino a 35.
Poi ci sono i feriti, più o meno gravi, che sono stati trasportati al San Martino ma anche al Galliera, a Villa Scassi, a Sestri: a ieri sera erano 16 di cui 9 in codice rosso. C’è la signora di 75 anni che se ne stava tranquilla in casa sua ed è rimasta gravemente intossicata dal fumo dopo che il crollo aveva fatto scoppiare un incendio. Ci sono giovani e meno giovani con traumi da schiacciamento e fratture, alcuni in codice verde o giallo – come un ceco di 46 anni -, altri in prognosi riservata. E infine ci sono i sopravvissuti. Una quindicina quelli estratti vivi dai detriti, ma c’è anche chi è riuscito a rimettersi in piedi con le sue gambe. Due autisti, un croato e un bulgaro, sono usciti miracolosamente illesi dai loro tir e anziché allontanarsi hanno iniziato a dare una mano ai soccorritori: c’erano anche gli angeli, in mezzo all’inferno. Loro come le centinaia di Vigili del fuoco, poliziotti, carabinieri, operatori del 118 e volontari accorsi anche dalle regioni vicine. Due sono anche rimasti feriti mentre lavoravano tra le macerie.
Nel vuoto sono precipitate decine di persone, altri sono scampati per un millimetro. L’autista del camion dei supermercati Basko, quello che si è fermato a un metro dal baratro, è un italiano di 37 anni sposato e con figli che stava rientrando da un giro di consegne. È in stato di choc, come la famiglia (padre, madre e figlioletto) che ha visto andare giù il ponte di fronte ai propri occhi. Come altri testimoni oculari dell’apocalisse che sono stati colti da vere e proprie crisi di panico: per loro in diversi ospedali sono state allestite task-force di psichiatri e psicologi. Illesi ma comunque segnati, come i 440 sfollati che hanno dovuto lasciare le loro case.
Tutte persone il cui unico torto è stato quello di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Giovani, vecchi, uomini, donne, lavoratori e vacanzieri, italiani e stranieri. Poteva capitare a chiunque, ad ognuno di noi. Per questo, come e più di altri, questo è il dramma di un’intera nazione. IL GIORNALE.IT