Le sentinelle domestiche mettono in fuga i ladri
I cartelli bianchi e gialli sono sempre più numerosi. Li si trova lungo le strade di quartieri periferici, paesi, borgate. Sul bordo recano la scritta «Zona controllo del vicinato», al centro campeggia il disegno stilizzato di una casa, una staccionata e una famigliola sottobraccio a un poliziotto. «È il segnale che siamo presenti e qualcuno è sempre all’erta», dice Ferdinando Raffero, il presidente nazionale dell’Associazione controllo del vicinato.
Le sentinelle domestiche a poco a poco stanno prendendo piede in Italia. È la nuova frontiera della vigilanza di quartiere, che non ha bisogno di gorilla, sceriffi o di ronde, nemmeno quelle folcloristiche, ma semplicemente di occhi aperti, un telefonino con Whatsapp, un residuo di senso civico (che oggi sembra la merce più rara). E di un portoncino blindato con un buon antifurto.
I dati della polizia dicono che i furti tra le pareti domestiche sono complessivamente in calo negli ultimi anni. Erano stati 214.053 nel 2016 e sono scesi sotto la soglia dei 200mila (194.880) nel 2017 proseguendo una tendenza in atto da qualche tempo. La matematica dunque attesta un calo del 9 per cento, ma conferma che in Italia viene messo a segno un colpo ogni 2 minuti e 40 secondi. E d’estate, quando le famiglie sono in vacanza, non c’è statistica che tenga: i ladri si scatenano soprattutto nelle contrade più isolate e nelle campagne. «Uno dei sistemi di contrasto più efficaci è la cosiddetta sicurezza partecipata spiega Raffero cittadini che si organizzano da sé in collaborazione con le forze dell’ordine. Ovunque siamo presenti abbiamo registrato una diminuzione della criminalità che va dal 30 al 70 per cento».
A ME GLI OCCHI
Il principio dell’associazione è semplice: «Gli occhi della gente sono le prime telecamere», è uno degli slogan di Raffero. Si nota qualcosa, si avverte le forze dell’ordine e poi si fa girare la voce tra i vicini su un gruppo di messaggistica Whatsapp. Nulla di più: niente ronde, niente marce o fiaccolate, assolutamente nessun’arma, ma occhi aperti e una maggiore collaborazione tra vicini. Racconta Raffero: «La forza di questa esperienza è nella creazione di reti di rapporti tra le persone. Il primo obiettivo è ricostituire una trama di mutuo soccorso tra gente che abita nella stessa zona ma non si conosce. La solidarietà è un collante formidabile, un muro anti ladri».
Il Controllo del vicinato è presente da tempo in Italia. Negli ultimi anni ha conosciuto una grande diffusione. «Oggi sono 60mila le famiglie aderenti, 25mila nella sola Lombardia, con circa 200mila persone coinvolte», enumera Raoul Piemonti, vicepresidente e coordinatore lombardo, un lavoro nel settore della vigilanza privata e un’attività di volontario come vigile del fuoco e guardia ecologica. A Usmate Velate le famiglie in rete sono 1.100, a Giussano 300, ad Albiate, il paese dove vive Piemonti, 250 su 5.500 abitanti: un residente ogni 20. Nella provincia di Monza e Brianza aderiscono ufficialmente 26 amministrazioni comunali su 55, compreso il capoluogo, che a maggio hanno firmato un protocollo in prefettura. Un patto analogo è stato sottoscritto lo scorso 12 luglio davanti al prefetto di Milano e ai vertici delle forze dell’ordine da 41 comuni dell’hinterland, tra i quali tuttavia non c’è il capoluogo.
I territori di maggiore diffusione sono le regioni del Nord e l’Emilia Romagna. Non c’è distinzione di colore politico: a Rodano (Milano) l’esperimento fu voluto da una giunta con Lega e Forza Italia, a Cinisello Balsamo il primo a parlarne fu il centrosinistra. Lungo la «rossa» Via Emilia i cartelli non si contano.
OK DEI PREFETTI
«L’associazione è nata ufficialmente nel 2013. Noi ci mettiamo al servizio della gente, interveniamo quando ci viene chiesto spiega Piemonti -. La prima mossa tocca sempre ai residenti di una certa zona che ci interpellano. Noi andiamo e spieghiamo le cose essenziali: va costituito un gruppo, che può essere per via o condominio o anche per un quartiere non troppo grosso, con un coordinatore; si fa una prima fase di formazione; si instaura un rapporto con le forze dell’ordine della zona e possibilmente con il comune. Se il municipio è d’accordo si fa un incontro pubblico, altrimenti ci si ritrova privatamente».
Molti prefetti hanno avallato l’iniziativa: i primi protocolli risalgono al 2016. Meglio evitare gruppi troppo grossi o aree troppo estese. Le forze dell’ordine (vigili, poliziotti, carabinieri) si segnano i nomi degli aderenti, che sono tutti volontari e non devono sborsare denaro.
Se il comune dà via libera, si installano i cartelli gialli il cui marchio è concesso dall’Associazione: è l’unico onere a carico dell’ente locale. L’impatto psicologico della segnaletica è forte perché null’altro indica che l’associazione è presente sul territorio.
A quel punto il controllo può partire. Che cosa si controlla e che cosa va segnalato? «Quello che il buon senso e la coscienza civica suggeriscono risponde Raffero -. Movimenti strani, auto sospette, gruppi di persone mai viste prima. Meglio una telefonata in più che in meno, per le forze dell’ordine anche una piccola segnalazione può risultare utile, soprattutto nei paesi piccoli o nei borghi isolati. All’inizio qualcuno avrà pensato a un aggravio di lavoro, invece il buon senso e la formazione che facciamo determinano una giusta scrematura. Dopo aver allertato loro, si fa girare il messaggio nel gruppo Whatsapp in modo che tutti i vicini ne siano consapevoli e raddoppino l’attenzione. Prima gli agenti, poi la gente, sempre. E nessuna iniziativa personale: l’unica cosa da fare è lanciare un segnale alle forze dell’ordine, al resto pensano loro. Non le sostituiamo, le aiutiamo ad aiutarci».
L’associazione ha preparato manuali e vademecum sotto la guida di un comitato scientifico, la formazione è continua, con un paio di sedute all’anno per i coordinatori dei gruppi che poi si faranno portavoce agli altri. «Insegniamo come comportarsi», dice Piemonti. Piccole attenzioni quotidiane. Esemplifica Raffero: «Stracciare sempre la carta per la raccolta differenziata: la gente non ha idea di quante informazioni lascia in giro, contabili bancarie, fatture di acquisto, scatoloni di merce consegnata a domicilio con indirizzi e telefoni; basta rovistare per scoprire che Tizio ha comprato un computer o una tv. E poi tenere curato il giardino, niente siepi o bidoni della spazzatura vicino alle finestre che aiutino le arrampicate, niente attrezzi lasciati in giro, soprattutto se collegati a una presa di corrente: i ladri ci attaccano il flessibile per segare le inferriate».
MA LA TRUFFA NO
Qualcuno ha installato un temporizzatore che, quando la casa è vuota, accende ogni tanto qualche luce per mostrare che è abitata. Altri chiedono ai vicini di ritirare la posta per non intasare la cassetta. «Mai pubblicare foto delle vacanze su Facebook – raccomanda Piemonti -: si comunica a tutto il mondo che la casa è vuota. I ladri sono sui social, vedono che cosa fa la gente e si regolano». Ci sono gruppi che si accordano di accendere luci e fare rumore quando scatta una sirena notturna, senza uscire di casa: può essere sufficiente per disorientare i ladri. Qualche mese fa in una zona residenziale di Usmate, dopo che era suonato un allarme i vicini hanno attivato ognuno il proprio allarme e i banditi sono scappati».
Negli incontri di aggiornamento si mette in guardia la gente anche contro le truffe. «Ai finti addetti della luce o del gas non bisogna aprire ma fare domande sul loro lavoro: cambiano subito zona assicura Piemonti -. E se la voce gira l’effetto è garantito. So che in certi paesi anche i controllori in regola non si fanno più vedere. Teniamo corsi per le persone più indifese, gli anziani, chi vive da solo. Spieghiamo bene anche l’uso di Whatsapp, dove vanno segnalati soltanto casi di cui si è stati testimoni diretti. Non si fanno circolare voci per sentito dire, e tantomeno commenti o battute. In molte realtà sono presenti anche carabinieri e poliziotti per un maggiore controllo». I trucchi e le cautele sono infiniti, ma tutto diventa più efficace se tra i vicini di casa si crea una catena di solidarietà, che forse è il legame più difficile da riannodare. L’efficacia è garantita: «L’anno scorso dice Raffero – nel confronto periodico con le forze dell’ordine, dove siamo presenti, abbiamo riscontrato un calo dei furti nelle abitazioni anche del 70 per cento. Quest’anno sono scesi ancora. Toccando ferro».