“Di Maio è peggio di Landini. Non sa niente delle aziende”
Milano – «Gli imprenditori in piazza contro il governo? Le parole di Vincenzo Boccia non mi stupiscono ma al momento sembra una missione se non impossibile, alquanto improbabile.
Confindustria è fatta di mille anime, ci sono aziende che sono sul mercato internazionale che si occupano di sviluppare i prodotti battendo la concorrenza e c’è una fascia, lasciando da parte quelle direttamente partecipate dallo Stato, che invece vive di apparti pubblici, di sovvenzioni eccetera. Aziende assai sensibili alla politica. Non sarà facile vederli scendere in piazza».
Renato Cifarelli guida l’azienda di famiglia – la Cifarelli spa di Voghera – che produce piccole macchine per agricoltura e giardinaggio, occupa circa sessanta persone e fattura 13 milioni con il 95% di export. Ha ricoperto per anni incarichi in Confindustria sia a livello locale sia nazionale.
Nell’intervista al Messaggero Boccia ha detto che gli imprenditori si sentono delusi nel merito e amareggiati nel metodo. Conferma?
«Di certo la linea che ha preso il governo, soprattutto per la componente grillina, è assolutamente anti-industriale. Ho sentito dire cose a Luigi Di Maio che nemmeno Landini o Cremaschi della Fiom. Però sa la differenza? Landini e Cremaschi sono persone che l’industria l’hanno frequentata, l’hanno vissuta. Saranno stati anche contro gli industriali ma non contro l’industria. L’impressione che invece ho di Di Maio è che sia anti-industriale a prescindere. Ma del resto sembra che l’industria sia antipatica all’intero Paese. E in parte è un po’ anche colpa degli imprenditori».
Dove hanno fallito?
«Molti non hanno capito, né saputo sviluppare, un modello più inclusivo verso i giovani e verso le persone più in difficoltà. Non hanno saputo difendere la meritocrazia. Ma la colpa è solo in parte degli industriali. Poi ci sono gli errori, gravi, commessi questo governo. L’elenco è lungo…».
Abbiamo spazio.
«Se davvero si voleva intervenire contro lo sfruttamento perché non si è iniziato con l’aggredire le cooperative che lo alimentano, regolamentando meglio gli stage, piuttosto che varare provvedimenti anti-industriali sui contratti a termine e fare la guerra alle multinazionali? Di Maio non capisce che senza multinazionali molte aziende faranno fatica anche a gestire i passaggi generazionali, che ci sono imprese rilanciate proprio dall’ingresso nel capitale di quei colossi che lui attacca? Che se per le multinazionali l’ambiente diventa ostile hanno subito pronte alternative fuori dall’Italia e possono limitarsi a comprare qui un’azienda, prenderne il know how e poi chiuderla? Non lo capisce perché Di Maio non ha mai messo piede in un’azienda».
Anche questo governo, come Confindustria, ha più anime «territoriali». Cosa si aspettano gli imprenditori, soprattutto quelli del Nordest, da Matteo Salvini? Il leader della Lega non rischia di perdere una componente importante del suo elettorato?
«Salvini rilancia continuamente sul concetto della sicurezza, tema che ha molta presa sui piccoli imprenditori e artigiani che hanno subìto un furto in casa o in azienda, che non hanno visto puniti i colpevoli. Gli stessi che però si affezionano al dipendente straniero che si è integrato, perché è un bravo ragazzo. C’è poi tutta quella parte di piccoli imprenditori che hanno votato Liga Veneta e pensano ancora a non lasciare gli schei nelle mani di Roma ladrona. Quindi anche Salvini sta giocando con il fuoco».
C’è un’alternativa alla minaccia di scendere in piazza?
«Il vero rischio è che gli industriali dicano: tra dazi, Turchia, incertezza normativa sui contratti, decreti poco dignitosi e un ministro dello Sviluppo che dice che siamo tutti ladri, chi me lo fare di scendere in piazza? Ma soprattutto, chi me lo fa fare di investire?». IL GIORNALE.IT